Firenze, 21 luglio 2022 – Per conoscere a fondo la Galleria dell'Accademia, prestigiosa realtà della nostra città, abbiamo sentito Cecilie Hollberg, che di questo gioiello è la direttrice.
La Galleria dell’Accademia è uno dei più importanti musei non solo di Firenze, ma del mondo. Qual è la sua storia?
“Come il nome già dice nasce come Galleria dell’Accademia di Belle Arti che a sua volta nasce dall’Accademia del Disegno e viene fondata come museo nel 1882. Le prime collezioni sono state quelle pittoriche proprio per dare agli allievi dell’Accademia di Belle Arti una visione della pittura fiorentina e poi, man mano, a queste collezioni si sono aggiunte – dopo le varie soppressioni - sia dei Lorena che napoleoniche - tante tavole d’altare di monasteri, chiese, soprattutto fiorentine: c’è un’importante collezione quindi di pittura del Due, Tre, Quattrocento e anche del Cinquecento. Oltre a questo, poi, il museo nasce proprio con il trasferimento del David di Michelangelo".
Perché?
"La statua del David che era collocata sull’arengario di Palazzo Vecchio venne tolta da Piazza della Signoria nel 1873 e trasportata in cinque giorni – fra la fine di luglio e l’inizio di agosto – su rotaie in legno fino all’Accademia di Belle Arti. Ciò avvenne su idea del celebre scultore Lorenzo Bartolini che voleva trovare una collocazione adeguata, al coperto, per il capolavoro michelangiolesco. Non riuscendo a individuare un luogo adeguato, fu deciso di costruire un museo, creato attorno al David con l’architetto Emilio De Fabris – la Tribuna della Galleria – e inaugurato il 22 luglio del 1882".
Ricorrono quindi quest’anno i centoquarant’anni del museo che protegge il David di Michelangelo
“Poi si sono aggiunti nel 1909 ‘I Prigioni’, in marmo, ‘San Matteo’ e la ‘Pietà di Palestrina’.” Inutile dire che con queste sette opere michelangiolesche siamo di fronte al museo con il maggior numero di sculture del grande maestro. Negli anni Ottanta si è aggiunta poi la collezione di modelli in gesso proprio di Lorenzo Bartolini".
In quale occasione?
“Dopo la morte dello scultore nel 1850, lo Stato italiano comprò tutto il contenuto del suo studio e depositò questi modelli in gesso a San Salvi (tutto è rimasto lì scordato per circa cento anni) e purtroppo poi nel 1966 questi furono danneggiati dall’alluvione: lo Stato decise allora di fare un grande progetto di restauro. Le opere furono poi presentate in una mostra e in seguito è stata creata la Gipsoteca, che adesso stiamo completamente rimettendo a posto dal punto di vista dell’edificio, della stabilizzazione, del clima: abbiamo realizzato per la prima volta l’impiantistica di climatizzazione, di areazione, l’impianto illuminotecnico e fatto una campagna di conservazione dei gessi alla quale si è aggiunta una campagna fotografica di riordino e sistemazione delle opere".
Fra i capolavori scultorei della galleria il primo pensiero va di certo al ‘David’ e a ‘I Prigioni’ di Michelangelo: cosa rappresentano oggi queste opere nell’arte e nella civiltà moderna?
"Ovviamente il ‘David’ rimarrà sempre il ‘David’ e ‘I Prigioni’ sono comunque opere imbattibili: il non finito de ‘I Prigioni’ è una cosa assolutamente eccezionale e soprattutto il ‘David’ è il simbolo della nazione italiana: insomma l’Italia è il David. Non per nulla tutti vogliono sempre utilizzare il David. E’ un capolavoro massimo, la prima statua gigantesca dopo l’antichità in una perfezione incredibile. Ideata per essere messa sullo sprone della cattedrale di Santa Maria del Fiore qui a Firenze".
E invece?
“Quando è stato svelato nel 1504, dopo tre anni di lavoro, da un giovanissimo Michelangelo che l’aveva iniziato a ventisei anni, si è deciso che era troppo bello per metterlo in alto e sottrarlo alla visibilità, per cui è stata trovata un’altra collocazione".
Quali sono i simboli che racchiude il David?
“E’ il simbolo dell’indipendenza dei fiorentini, è il simbolo anche ovviamente del Re d’Israele ed è anche il simbolo della fiducia di questo giovane pastore nel suo Dio per abbattere il grande nemico aggressore. Quindi è veramente molto carico di tanti significati importanti e nella storia dell’arte è la prima statua gigante dopo l’antichità. Anche il museo che Emilio De Fabris ha costruito per il David ha un simbolismo speciale. Ha l'approccio di una basilica.
Quindi?
“Dà la sensazione di una navata centrale che si conclude in un abside alla quale si sovrappone un lucernario dal quale entra la luce naturale a illuminare il David, al centro, al posto nel quale normalmente in una basilica si troverebbe l’altare maggiore. Una posizione più esposta, più divineggiata uno non se la può nemmeno immaginare. E questa presentazione fino ad oggi è eccezionale, è unica, e funziona ancora. Con i lavori realizzati negli ultimi anni le opere sono state valorizzate ed è stato posto l’accento anche sugli altri settori di interesse – collezioni ed opere - del museo, sia con campagne di conservazione, che attraverso la messa in opera dell’impianto illuminotecnico: il pubblico quindi sta scoprendo tutte le altre bellezze di questo museo che prima era concentrato esclusivamente sul ‘David’. Si sofferma ormai in tutte le collezioni, sia nella pittura, che nella scultura, che anche nel dipartimento di strumenti musicali, che prima era un cul-de-sac nel quale si andava e si doveva tornare indietro, adesso invece è stato integrato con l’apertura di un varco nel percorso del museo e reso quindi anche visibile”.
La preziosa collezione di pittura del museo quali periodi abbraccia e quali sono i massimi artisti rappresentati?
“La pittura va dal Duecento al Cinquecento e abbiamo la più grande collezione di fondi oro a livello internazionale. Stiamo parlando di artisti che vanno da Lorenzo Monaco, del quale siamo il museo con il maggior numero di opere, ad Orcagna, Bronzino, Allori, Botticelli, Ghirlandaio, Perugino, Pacino di Buonaguida, il maestro della Maddalena, Giotto, insomma: tutti i grandi nomi della storia della pittura italiana".
Oltre ad un’importante collezione di strumenti musicali della Firenze granducale, l’Accademia ha una ricca Gipsoteca cui lei ha fatto cenno. Ce ne può parlare?
“È una cosa direi unica, perché è un salone enorme che ha un allestimento che si rifà alla storica dell’arte Pinto, – e questo concetto principale non l’abbiamo ovviamente mai toccato – che riporta un po’ l’idea dello studio dell’artista, quindi: ai lati ci sono i busti di coloro che hanno commissionato i loro ritratti all’artista, alle pareti e al centro ci sono le sculture enormi, i modelli in gesso, tanti anche firmati e pochi calchi.”
Altre opere?
“Ci sono poi le opere di Lorenzo Bartolini, stiamo parlando di oltre trecento busti in gesso e poi sculture piccole, medie e grandi che sono i modelli per esempio di monumenti come il monumento di Demidoff che si trova sul lungarno in piazza Demidoff, oppure il monumento funebre di Alberti, l’esecuzione del quale è in Santa Croce, oppure la Contessa Zamoyska, anch’essa in Santa Croce, il ritratto di Franz Liszt con la sua amante Marie Sophie D’Agoult o… insomma ci sono tutti questi personaggi che popolano con tanta vivacità e con tanta disinvoltura ed eleganza questo salone, tutti in bianco o giallino, o beige, o color bronzo, terra cotta a seconda dello stato, della composizione, del materiale del gesso”.
Cecilie Hollberg fa poi notare come in questa sede si trovano anche pitture dell’Ottocento che in genere sono state vincitrici degli anni accademici dell’Accademia di Belle Arti dell’Ottocento. Quindi di particolare c’è questo mettere insieme di scultura bianca, movimentata e pittura, ovviamente in formati abbastanza importanti: in genere questi dipinti sono molto, molto grandi. “Questo salone è una festa” – afferma Hollberg “perché si trovano figure mitologiche, ritratti: ogni faccia ha una sua caratteristica e Lorenzo Bartolini andava famoso proprio per la naturalezza delle sue sculture. Ci sono anche delle opere di suoi allievi come Luigi Pampaloni e quindi in questa sala abbiamo riunito un mondo.”
Quale?
“Il mondo ottocentesco di una Firenze di quell’epoca e i monumenti per Elisa Baciocchi, la sorella di Napoleone, tanti membri della famiglia Bonaparte, anche della famiglia di Bartolini e tantissimi turisti che facevano il Gran Tour nell’Ottocento: inglesi, russi, spagnoli, polacchi. La società ottocentesca ci dà il benvenuto in questa sala.”
Tanta ricchezza in una sala, potremmo dire
“Si, tra mitologia e ritratti di persone realmente vissute, monumenti funebri, monumenti normali, insomma… tante diverse opere.”
La Galleria è protagonista di importanti progetti di conservazione e restauro e ancora di progetti educativi con suggestivi approfondimenti online dei capolavori come quello di ‘Radio Accademia’, nato durante la pandemia in cui le opere ‘parlano’ grazie agli studenti dell’Accademia di Belle Arti. Quale il valore di questa comunicazione?
“Questo è stato un bellissimo progetto che a me è piaciuto molto perché, coinvolgendo questi giovani che comunque hanno sempre un approccio molto fresco, molto libero e anche giocoso, si avvicinano alle opere in un modo diverso.
Ossia?
“Hanno dato voce a questi capolavori, per esempio il ‘Ratto delle Sabine’ - che coinvolge tre figure - creando un dialogo, coinvolgendo un immaginato visitatore, insomma è stato uno spettacolo dal punto di vista della fantasia”.
Storie quindi molto divertenti e nello stesso tempo istruttive. La Hollberg fa presente che con questo progetto si è riusciti a coinvolgere l’Accademia di Belle Arti, dando l’opportunità e l’occasione ai giovani dell’Accademia di partecipare a questa iniziativa di uno dei musei più ambiti in assoluto. Sul sito si ritrovano i podcast di questi giovani realizzati durante il periodo del lockdown “che offriamo con piacere perché ovviamente l’approccio di giovani poi è un approccio che piace anche ad altri giovani e riescono a coinvolgere”.
Per avvicinare ancora di più le nuove generazioni all’arte?
“Esatto.”
Il museo è accessibile a tutti, anche in caso di problemi visivi, motori, ecc.?
“Si, Il museo è assolutamente accessibile.”
Sulla questione del visivo la direttrice precisa: “abbiamo riprodotto varie opere di ogni dipartimento da inserire in un percorso tattile che aspetta solo la fine del Covid.” La Hollberg aggiunge che i livelli di approccio al museo sono vari: “a parte le audio guida per i grandi e per i piccoli, per i piccini c’è il ‘Davidino’” - che gira nel museo con il restauratore Matteo per spiegazioni ai piccoli visitatori in tante lingue e poi sul sito della Galleria troviamo oltre cinquanta video e venti podcast, nati proprio per rivolgersi a pubblici molto diversi.
In che modo?
“C’è l’approfondimento di due o tre minuti per chi ne sa già qualcosa, ma anche per chi non ne sa ancora nulla su una singola opera, oppure c’è ‘Open Art’, laboratori che spiegano ai più piccoli le opere e dopo c’è il laboratorio nel quale con mezzi molto semplici: carta, penna, colori si possono fare creazioni con riferimento all’opera che è stata spiegata".
La direttrice parla poi con soddisfazione della creazione e del successo del chatbot, ‘Chatta col David’, creato “sempre con studenti non solo dell’Accademia di Belle Arti di Firenze, ma anche di altre università e accademie di belle arti: e questo è fantastico perché uno può scrivere, fare domande al ‘David’ e abbiamo visto che è stata un’iniziativa molto seguita perché adesso ci stiamo rivolgendo ai giovani.”
Come?
“Solo in tre mesi siamo riusciti ad avere diecimila attività su questo chatbot: c’è una forte richiesta da parte del pubblico e questo ovviamente ci fa piacere. Ci sono domande assurde, ci sono domande divertenti, di vario tipo, ma questo è un altro modo per avvicinare le persone all’arte in maniera giocosa e comunque intelligente” date le spiegazioni fornite nei vari campi: “sia il ‘David’ politico, che il ‘David’ storico-artistico, che il ‘David’ religioso. Ci sono tutt’una serie di domande, anche un po’ strane che vengono fatte.” Quali? “’Vuoi uscire con me?, ‘mi vuoi sposare?’, ‘ti piace la bistecca fiorentina?’, però anche questo è divertente e ci fa capire che ci sono tanti fiorentini e toscani che si interessano ed è questo che vogliamo: vogliamo raggiungere i giovani e vogliamo raggiungere i fiorentini e questo è un risultato che possiamo confermare essere riusciti a raggiungere perché le persone” – conclude Cecilie Hollberg – “hanno cominciato da tempo a venire nel loro museo, nella loro città, a iscriversi all’associazione degli amici della Galleria dell’Accademia, a seguire gli eventi che offriamo.”
Quali?
“Abbiamo offerto in maggio e in giugno ogni lunedì un evento tra concerti, conferenze e via dicendo e il museo era sempre pieno perché c’era grande richiesta e grande entusiasmo per il programma offerto: ‘David centoquaranta’ perché da centoquarant’anni il museo è qui per come lo conosciamo.”