
La ricerca della Battaglia di Anghiari nel Salone dei Cinquecento
Firenze, 7 ottobre 2020 - C’è chi l’ha definita il Santo Graal della storia dell’arte: cercata in lungo e in largo attraverso i secoli, sempre nello stesso posto, per scoprire adesso che non è mai esistita. La mitica Battaglia di Anghiari, che Leonardo era stato incaricato di realizzare – questo è certo – nella Sala Grande di Palazzo della Signoria all’inizio del 1500, non sarebbe mai stata dipinta dal genio di Vinci. E quindi, non sarebbe mai stata coperta dai successivi affreschi di Giorgio Vasari nel 1567 nell’attuale Salone dei Cinquecento.
A pronunciare la sentenza, forse più dolorosa dello stesso smarrimento o distruzione del capolavoro, è stato un team di esperti che hanno consegnato questa loro verità attraverso un volume presentato ieri nell’auditorium Vasari agli Uffizi, dal direttore Eike Schmidt, Cinzia Maria Sicca Bursill-Hall, professore ordinario di storia dell’arte moderna dell’Università di Pisa, Francesca Fiorani, docente di storia dell’arte moderna dell’University of Virginia, e Marcello Simonetta, storico e ricercatore di The Medici Archivi Project.
Ci hanno lavorato sei anni , spiegando il perché in 610 pagine pubblicate dalla casa editrice Olschki, col titolo “La Sala Grande di Palazzo Vecchio e la Battaglia di Anghiari di Leonardo da Vinci”, studi e documenti’, a cura di Roberta Barsanti, Gianluca Belli, Emanuela Ferretti e Cecilia Frosinini.
Il primo punto, la sala. Nel corso della prima metà del Cinquecento quella stanza subì numerose trasformazioni, divenne addirittura caserma militare con la costruzione di canne fumarie, che nessuna traccia del capolavoro - se mai ci fosse stata - avrebbe potuto sopravvivere. «La nostra conclusione è che Leonardo non abbia mai dipinto la battaglia sul muro della sala dove per tanto tempo è stata cercata- spiega Fiorani –. L’esistenza dei cartoni preparatori è provata e documentata. Quella del dipinto, che conosciamo solo grazie a copie di altri fino ad oggi pervenute, invece no. I materiali che vennero forniti a Leonardo erano solo funzionali al cartone e alla preparazione della parete su cui avrebbe dovuto essere realizzato. Ma la preparazione stessa del muro andò male; e dunque la Battaglia non fu mai dipinta».
Svelato anche il mistero del “cerca trova“, la scritta di Vasari in uno stendardo del suo affresco, ritenuto un indizio del dipinto sottostante. Invece, la frase sarebbe uno sfottò per conto di Cosimo, verso i fuoriusciti fiorentini, suoi avversari, come una replica al motto “Libertà vo cercando”: una ricerca vana, perché i Medici non se ne sarebbero mai andati.
Ed eccoci alle indagini del 2012, quando il professor Maurizio Seracini credeva di aver trovato davvero nel Salone dei Cinquecento frammenti della Battaglia.
«Uno di quei tre famosi prelievi, tirati fuori bucando il lavoro del Vasari, fu magnificato come il ritrovamento del “Nero della Gioconda" - spiega Cecilia Frosinini –. Ma non esiste alcun nero tipico di Leonardo: al tempo tutti gli artisti usavano gli stessi pigmenti, dal Medioevo fino alla metà del Settecento. Il punto è che questi tre prelievi poi sono scomparsi: l’Opificio voleva analizzarli ma non ci sono mai stati dati. In ogni caso, in base alle descrizioni delle analisi chimiche non si trattava affatto di materiali pittorici ma solo di elementi comuni a ritrovarsi in murature del tempo».
Che stavolta la Battaglia sia davvero perduta per sempre? Macché, Seracini è pronto a difendere le sue scoperte: «Verrà anche il mio tempo - afferma –, quello in cui pubblicherò i risultati delle mie ricerche, dal 1975 al 2012, con cui illustrerò i dati oggettivi emersi».