Firenze, 24 dicembre 2024 - Ci sono persone la cui sensibilità è così profonda da incidere quasi nell'immediato nel loro comportamento psicofisico. Margherita Guidacci (1921-1992) appartiene senz'altro a questa schiera. Rosalba de Filippis, insegnante e scrittrice, ha compiuto una lunga e approfondita ricerca per certi versi complementare a quella condotta alcuni anni fa da Anna Maria Tamburini, cogliendo in lei il profilo de 'La rabdomante' (ed. Rubbettino), cioè di un animo così intuitivo da riuscire a rintracciare con gli strumenti della poesia, delle arti figurative, dell'analisi dei fatti, le fonti di acqua pulita, a cui attingere per dissetarsi e fare bere gli altri, anche oltre il tempo della propria esistenza. Osserva Sauro Albisani nell'introduzione: "Leggi questo libro e ti accorgi che Rosalba de Filippis non fa domande all'amica: ascolta le sue risposte". Avendo avuto accesso a una documentazione inedita, comprensiva anche di diario e scritti della sua amica Anna Ninci Meucci, de Filippis ci consegna una disamina che spazia in ampiezza e profondità, aggiungendo molto di nuovo a tratti già noti della poetessa e traduttrice. Sì, aveva tradotto anche i sermoni di John Donne, che ha coniato l'espressione "nessun uomo è un'isola": in Guidacci aveva un'eco molto particolare, avendo vissuto con tanti altri il dramma del passaggio del fronte su Firenze quando tutti in qualche modo erano diventati isole. Nella trama della città e della storia coglieva lo sguardo benevolo di Gesù, ma anche il suo "pianto riassuntivo" su Gerusalemme come su ogni città, ancora lontane da una vera pacificazione. Se nella storia finale e successiva della/alla seconda guerra mondiale, Guidacci evidenzia come gli strumenti della violenza bellica consentono in maniera brutale di rendere anonimo il nemico quasi non fosse più un uomo, una donna, un bambino e propone l'alternativa della scelta evangelico, nella ricerca di ciò che è vivo e va custodito. E' illuminante a riguardo è una lettera molto cogliente su don Lorenzo Milani e la sua Barbiana dopo la sua morte: "... A Barbiana sono andata ugualmente per vedere cosa succedeva ed è stata una visita che mi ha stretto il cuore. I ragazzi erano là, seduto intorno al solito tavolone, ma si sentiva un vuoto immenso. L'Eda ha sempre le lacrime agli occhi e mi ha raccontato cose sulla morte di Don Lorenzo che hanno fatto piangere anche me. Ho visto la sua tomba, nel piccolo cimitero dove l'ha voluta (accanto alla nonna dell'Eda) e mi pareva incredibile che ormai le nostre visite a lui dovessero ridursi a questo. Poi ho pensato che in fondo questo era l'errore delle donne del Vangelo, 'cerca un vivo tra i morti'. Di quanto Don Milani sia ancora vivo, ne ho avuto la prova ascoltando una sua lettera che un ragazzo leggeva - una lettera del '53, del tempo di 'Esperienze Pastorali' tutta infuocata di quel medesimo appassionato sdegno...".
Cultura e spettacoliMargherita Guidacci, una "rabdomante" che sa trovare l'acqua pulita