Firenze, 20 dicembre 2023 - Nei versi di Mikica Pindzo, poetessa italo-bosniaca che ha vissuto nell’adolescenza gli effetti della scissione traumatica delle ex Jugoslavia ed ha raggiunto Firenze, si avvertono quegli elementi di “scardinamento” e “dislocazione” che Andrea Sirotti rileva nella postfazione della raccolta ‘Dalla terra alla terra’ edita da Effigi.
Da una parte c’è un’attesa profonda di qualcosa che potrebbe arrivare, dall’altra un ripetere a se stessi che dopo non c’è vita. Allora perché dare come nome alla terza sezione del volume, dopo ‘Ero io’ e ‘Intermezzo’, ‘L’altro’? Questa studiosa di storia contemporanea, che possiede la lignua italiana con invidiabile scioltezza espressiva, tranto da tradutrre se se stessa dall’originale serbo-croato e altri autori, sente con disperata consapevolezza la minaccia e l’assalto consumato a danno dei debole come i migranti de ‘Il nulla’. “Nulla e sembra facile disfarsi / neri i chiodi, più neri dell’ieri. / Nulla, tranne la morte, gesto del voluto / non futuro, l’unica vera bocca / che cuce / addobba, e a niente che corrisponda. Per questo vivo senza futuro, / per quel battito spento nel mare / - “mare del / cimitero dell’umanità”, / lontane le tuniche dell’Africa. / Prendo in prestito, / le parole, il foglio, / e i lunghi graffi del mattino”. Pindzo interpreta l’aggressione all’ambiente, ai ricordi-persone che reclamano di esistere ancora, sulla terra e dopo la terra. “C’erano una volta / le grandi lingue, / le sole che potessero / essere arrotolate su se stesse. / E una volta c’erano anche / i grandi dirupi dove / il mare scendeva lontano. / Accanto a uno degli arbusti / della scogliera, morì un / piccolo ricordo, / punto dalla vespa”. E’ proprio questo reclamo che, forse, fa guardare oltre la terra standoci sopra ben piantati con tutta la nostra fragilità. Pindzo coglie il richiamo dell'oltre anche nella madre, “lei che continua a durare”: “A volte ti ho presente in ogni tatto, / e mi sembra di aver vissuto cose grandi. / E’ come un’ala, / che ti avvolge. / E ora sparisce il cielo, / e / sento scosse / da tanta luce”.