
Giovanni Pratesi
Figline Valdarno (Firenze), 31 dicembre 2015 - "Questi ciottoli sono stati raccolti nei renai dell’Arno nei tratti corrispondenti alle foci dei torrenti Cesto e Ponterosso, nelle vicinanze del ponte che da Figline porta al Matassino, e negli affluenti che dai monti di San Michele scendono nell’Arno". C’era una volta e per fotuna c’è ancora un antiquario famoso come Giovanni Pratesi. Vero riferimento per questo mondo di intenditori, già presidente della Biennale dell’Antiquariato. Un uomo dalle mille sfaccettature, e in ognuna qualcosa di bello. Oltre ai mobili, le statue, i dipinti, cose alla fine banali, ecco qui a due passi da Firenze la sua collezione unica in Italia, di sassi dell’Arno.
Si trova nell’Oratorio dello Spedale Serristori di Figline Valdarno, in piazza Ficino, info: 055 2396568. "L’ho iniziata una ventina di anni fa questa collezione – racconta Giovanni Pratesi – raccogliendo tutto quello che era pietra, senza nessuna percezione di ciò che tiravo su. Poi, piano piano l’occhio si è affinato e le pietre è come se si fossero affidate a me".
E’ la favola bella di un personaggio che ama l’arte e che la trova anche dove la gente non guarda. "Per me è sempre una sorpresa aprirle, anche se dall’esterno le pietre danno delle indicazioni". A oggi il conto è il seguente: diecimila pietre tagliate, per ottenerne ottocento belle da formare una raccolta di materiale lapideo dell’Arno. "Faccio quello che facevano i ‘naturalisti’ nel Settecento, ma prima ancora qualcosa iniziata con i romani: nel mondo antico le pietre colorate sono state sempre molto amate. Pensa solo agli obelischi, sono fatti pietre. C’è una tradizione antica nel ricercare e usare le pietre colorate. E ci sono esempi più vistosi, nella Roma dei papi, per esempio: i pavimenti, gli altari, sono tutti materiali di bellissimi marmi. Le pietre hanno una suggestione fortissima in me che amo questo tipo di materiale".
Il tutto, ovviamente, non è casuale. Giovanni Pratesi la sensibilità per il bello, ce l’ha dentro da quando è nato: la sua collezione è iniziata ripercorrendo ricerche effettuate qualche secolo prima dai raccoglitori dell’Opificio delle Pietre Dure, dove si conservano, assieme alle pietre dure più rare, anche una decina di esemplari di ciottoli tagliati raccolti sull’Arno e utilizzati dalla manifattura. "Si tratta dei Verdi d’Arno, del Lineato, del Tigrato, della Pietra Paesina, dell’Alberese e anche del raro Diaspro d’Arno – spiega l’antiquario fiorentino–. Un primato, quello dei commessi in pietra dura, del Guardaroba mediceo riconosciuto dalle corti di tutta Europa, tanto che i regnanti erano soliti donare piccoli e preziosi stipi decorati. La molla che ha fatto scattare l’idea della raccolta – continua – era verificare se quelle pietre si trovavano ancora sui renai del nostro fiume. E grande è stata la sorpresa di trovarle ancora lì come alcuni secoli fa. Come quando i ricercatori del Granduca le sceglievano, le tagliavano, le lucidavano e le utilizzavano per i celebri commessi".
Ma non solo. Il nostro Indiana Jones dei sassi ha scoperto di più: "Nelle mie lunghe ricerche sugli affluenti e sull’Arno, molte altre pietre non conosciute e non utilizzate dagli antichi manifattori sono venute alla luce". Sa i nomi? "Come no? Le Dendriti, le Lumachelle d’Arno, il Rosso e la breccia del Cesto e molte altre specie di straordinaria bellezza e di grande interesse per la ricerca scientifica – sottolinea Pratesi –. Con l’aiuto prezioso di Ernesto Tucciarelli che per anni ha insegnato al laboratorio dei lapidei dell’Opificio, iniziammo i tagli, la selezione e la lucidatura. Con emozione assistevo all’apertura di ogni ciottolo. E’ vero ci sono state anche le delusioni, ma ogni tanto appariva una bella pietra con colori vivaci o tenui ben amalgamati o con disegni di sorprendente modernità. Assistevo di fatto alla nascita di nuove forme espressive, mai viste prima e questa scoperta eccitava la ricerca che diventava frenetica". La raccolta oggi è un prezioso contributo alla storia del collezionismo di Naturalia.
"Per l’ansia di aprirli – scherza Pratesi e conlcude – certe notti non riuscivo neppure a prendere sonno2.