NICCOLO' GRAMIGNI
Cultura e spettacoli

Firenze, l’Opificio restaura due sculture in cera della Ricci Oddi

Si tratta dell'intenso volto di Velia realizzato da Attilio Selva nel 1914 e della Testa di Cristo di Ermenegildo Luppi del 1921

L'Opificio delle Pietre Dure

L'Opificio delle Pietre Dure

Firenze, 13 marzo 2024 - L'intenso volto di Velia realizzato da Attilio Selva nel 1914 e la Testa di Cristo di Ermenegildo Luppi del 1921: queste le due sculture in cera appartenenti alla Galleria d'arte moderna Ricci Oddi di Piacenza oggetto di un impegnativo restauro portato a termine dall'Opificio delle pietre dure di Firenze.

Il 20 marzo a Piacenza nella sede della Galleria, la presentazione dell'intervento, con Laura Speranza, storica dell'arte che dirige il settore di restauro materiali ceramici, plastici e vitrei dell'Opd e la restauratrice Chiara Fornari.

Il lavoro svolto sulle due statue, si spiega, "ha consentito di sanare fessurazioni e distacchi e ha restituito piena leggibilità alle opere già mortificate da pesanti depositi di polvere. Un lavoro, il loro, particolarmente attento e sensibile anche in ragione del fatto che è la cera il delicatissimo materiale di cui sono costituite le due opere.

Soprattutto la condizione della Testa di Cristo di Luppi si presentava particolarmente critica prima del restauro poiché un vistoso cedimento della superficie in cera all'altezza dello zigomo sinistro di Cristo lasciava addirittura scoperta la struttura in gesso sottostante. Oggi, oltre a essere stata risanata dal punto di vista strutturale, l'opera ha recuperato la sottile cromia della cera che qui presenta venature quasi marmoree".

La cera di Velia fu esposta a Roma nel 1914, figurando alla Prima esposizione della Probitas per poi entrare dal 1920 nella collezione di Giuseppe Ricci Oddi. Data al 1921 l'acquisto della Testa di Cristo di Ermenegildo Luppi, che il collezionista piacentino compera direttamente dall'artista.

La cera, la cui versione in bronzo è custodita alla Gam di Roma, fu presentata alla Biennale di Venezia del 1920 ed è esemplare della produzione dell'autore, che nei temi dolorosi di carattere religioso trova la propria fonte di ispirazione più sentita. I restauri sono stati resi possibili dal sostegno di Nordmeccanica Piacenza, che si è fatto carico anche di un altro intervento recentemente ultimato, quello condotto da Giuseppe De Paolis sullo studio de Il guado, dipinto di Antonio Fontanesi databile intorno al 1861.