
Testa di cavallo, schizzo per Guernica (Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofía)
Firenze, 15 ottobre 2014 - LA TESTA rivolta verso l’alto, la bocca aperta in un grido di dolore, la lingua come una spada: il cavallo è il simbolo della sofferenza e della lotta. E quello di Picasso.
Da lunedì prossimo la grande mostra che Palazzo Strozzi - in collaborazione con il Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofía - ha dedicato all’immortale maestro catalano, si arricchisce di un’opera-totem: “La testa di cavallo. Schizzo per Guernica”.
La bocca, piena di denti aperta in una smorfia di dolore, i tratti degli occhi esasperati, le ciglia come spilli e le lacrime come ferri da calza. Picasso in questa testa piangente riprende l’immagine della figura mostruosa, già presente in opere precedenti, per rappresentare il dolore profondo delle vittime del bombardamento della città basca di Guernica.
Da lunedì 20 ottobre (fino al 25 gennaio 2015) la rassegna fiorentina proporrà fra i disegni, le incisioni e i dipinti preparatori mai esposti in numero così elevato fuori dalla Spagna, anche “La testa di cavallo” che Picasso decise di dedicare alla tragedia di Guernica. Il 1° maggio del ’37 il maestro iniziò il proprio lavoro buttando giù il primo schizzo: un toro, un cavallo e una figura femminile. La genesi di Guernica, il processo creativo di questo impressionante capolavoro è ora presentato in Italia, per la prima volta in tutte le sue fasi, nella mostra fiorentina.
MA COME si racconta l’orrore della guerra ai più piccini? Lo abbiamo chiesto a James M. Bradburne, direttore generale Fondazione Palazzo Strozzi, da sempre impegnato per rendere l’arte a misura di bambino. «Anche se il conflitto non è cosa poco familiare per bambini (dal parco giochi, alla scuola, a casa), l’idea della guerra e delle sue atrocità sono difficili da spiegare ai più piccoli - spiega Bradburne - . Alcuni scrittori per l’infanzia come Michael Morpurgo (War Horse, io credo negli unicorni) sono in grado di trasmettere la complessità e l’enormità della guerra in maniera potente, ma senza traumatizzare il giovane ascoltatore. I bambini più grandi vedono la guerra attraverso la lente della giustizia sociale. È di questi giorni la notizia che la giovane Malala Yousufzai è stata insignita del premio Nobel per la pace per la sua lotta per i diritti dei bambini all’istruzione che ha iniziato quando aveva solo 11 anni, una lotta per cui lei stessa ha quasi perso la vita».
«L’esperienza della guerra - conclude il direttore della Fondazione Palazzo Strozzi - può lasciare cicatrici terribili, ma come dimostra il Librino di questa esposizione - Mai più guerre! I conflitti armati visti con gli occhi dei bambini 1914-2014 - i bambini spesso riescono a tradurre la loro esperienza in disegni come un modo di guarigione».