GIULIO ARONICA
Cultura e spettacoli

Raffaele Lampronti, la fine e la rinascita dello psych rock fiorentino

"The end and the beginning" è il titolo del terzo album dei Plastic Man, il quartetto guidato dal cantante e chitarrista fiorentino, che si racconta ad otto anni di distanza dall'ultimo disco. Uscito lo scorso 4 aprile sulle piattaforme digitali per Audioglobe, verrà presentato sabato sera in concerto al Circolo Le Vie Nuove

Raffaele Lampronti, fondatore e front man dei Plastic Man

Raffaele Lampronti, fondatore e front man dei Plastic Man

Firenze, 7 aprile 2025 - Non è mai facile rialzarsi. Richiede sforzo, coraggio, animo impavido e grande speranza, scrive il sociologo Francesco Alberoni. Non ne fa difetto Raffaele Lampronti, il cantante e chitarrista fiorentino che dal 2011 guida una delle band più conosciute sulla scena underground: i Plastic Man. Nome ispirato ad un brano dei mitici The Kinks, sonorità rock e psichedeliche, due dischi e svariate tappe nei festival europei ed internazionali più frequentati: è il breve identikit di un percorso artistico e personale coerente, che dopo la pausa forzata dalla pandemia riparte con il terzo album e una formazione completamente rinnovata; dopo "Don't look at the moon" (2015) e "Sounding Aquarium" (2017), ecco "The end and the beginning", uscito lo scorso 4 aprile sulle piattaforme digitali per Audioglobe, e pronto sabato prossimo per il primo release party sul palco del Circolo Le Vie Nuove (Viale Giannotti, 13).

Raffaele Lampronti, com'è stata la genesi del disco?

"I primi provini sono stati realizzati alla fine del 2018, ma non eravamo soddisfatti, quindi siamo ripartiti daccapo all'inizio del 2020 con nuovi interpreti; lo scoppio della pandemia ha bloccato i lavori, d'altra parte il nostro studio - l'Outside Inside Studio di Matt Bordin - è in Veneto, e non potevamo muoverci. Abbiamo chiuso l'album nel 2023, ma è passato un altro anno e mezzo per capire come farlo uscire e con chi suonarlo, perché nel frattempo due musicisti del gruppo avevano avviato altri progetti: con l'aiuto di Andrea Mastropietro e Matt Bordin è stato possibile concludere un accordo con Audioglobe per la stampa delle copie fisiche e la distribuzione su piattaforma". 

Qual è stata la vostra ispirazione musicale? 

"Accanto ai classici come i Cream e XTC, ci siamo ispirati per tastiere, organi e chitarre elettroniche al sound di band degli anni Sessanta conosciute come i Nuggets e recuperate nei decenni successivi. C'è anche qualcosa degli anni Ottanta, per esempio i Tears for fears, soprattutto nell'uso delle melodie e delle tastiere". 

A che punto arriva questo album nel suo percorso personale e professionale?

"Certamente non sono lo stesso musicista di dieci anni fa, ho allargato i miei orizzonti musicali verso altri generi, come i fraseggi del jazz. Penso sia un disco coerente con quanto realizzato prima, ma più maturo e completo a livello di arrangiamenti". 

La formazione è stata completamente rinnovata. Com'è stato lavorare con i nuovi?

"E' stato un piacere, sono persone che conosco da una vita, con le quali ho condiviso il mio percorso artistico anche quando suonavamo per band diverse. Andrea Palombi al basso viene dagli Hacienda, Andrea Mastropietro alla chitarra acustica e Marco Biagiotti alla batteria dagli Albero: c'è stata un'ottima intesa, e credo che l'amalgama si senta ascoltando il disco". 

Come trova la scena underground fiorentina? 

"Durante il covid è stata praticamente rasa al suolo, ma ora stanno tornando ad uscire cose interessanti: dai Lazy Lazzarus, che conosco anche personalmente per averci ospitato nella loro sala prove, a Giuliomaria, che aprirà il concerto di sabato, fino a Lo-Fi Le Fusa, vincitore dell'ultimo Rock Contest, ed ovviamente l'Albero, un progetto cantautorale per cui ho anche suonato dal vivo".

Qual è il suo rapporto con i social e le piattaforme digitali?

"Ambivalente. Da un lato sono fondamentali per promuovere la propria attività, dall'altra è fastidioso vedere come stimolino il narcisismo quotidiano di troppe persone. Le opportunità che offrono potenzialmente sono enormi rispetto a vent'anni fa, soprattutto nell'organizzazione dei tour, ma temo abbiano cambiato la percezione della realtà in peggio, rendendoci più soli, permalosi e intolleranti: forse però siamo ancora in tempo per rivedere il loro utilizzo".