
Il direttore de La Nazione Francesco Carrassi con l'assessore Sara Funaro e Pietro Livolsi
Firenze, 17 novembre 2017 - Buongiorno, possiamo venire a pranzo da voi? Sarà l’occasione per conoscerci meglio, per capire come vivete, quali sono le vostre difficoltà ma anche per imparare qualcosa, forse molto. Perché gli anziani sono un universo di risorse spesso dimenticate, un patrimonio di esperienze di vita che vale la pena stare ad ascoltare. Nel viaggio che iniziamo oggi vorremmo incontrare uomini e donne di Firenze per guardare con i loro occhi il mondo di oggi e ricordare quello di ieri. L’iniziativa è in collaborazione con l’assessorato al Welfare, che ci guiderà in questa avventura al fianco del popolo con i capelli grigi.
Cos'è l'età? Per molti aspetti il riassunto di una vita. E gli 88 anni di Pietro Livolsi sono un racconto accattivante e gioioso, di chi non si è mai dimenticato di vivere intensamente ogni giorno, ogni stagione, ogni incontro. Il viaggio fra gli anziani della nostra città comincia con un brillante signore che scompagina subito l’idea dell’anziano immaginato spesso come una persona sola, dimenticata, con difficoltà economiche, fisiche e affettive. Pietro qualche acciacco ce l’ha, le sue anche e le sue ginocchia fanno i capricci. Anzi, lo fanno proprio dannare per il dolore.
Ma lui non si arrende, combatte e quasi per ripicca fa tutto quello che avrebbe fatto con le gambe buone, usando il bastone ma soprattutto la carrozzina elettrica. Del resto è stato un sottotenente della Marina Militare, nato a Spezia e arrivato a Firenze nel 1955 per seguire l’amore della sua vita, la donna che ha sposato, lo ha reso padre di due figli e che purtroppo è deceduta otto anni fa. Quando nomina sua moglie, è l’unico istante di commozione, l’unica ombra che vela i suoi occhi ancora azzurri come i mari che ha solcato.
«La solitudine? Io per dire la verità non la sento. Forse anche perché mi sono modernizzato, ho il mio tablet, anzi ne ho due, uno in cucina e uno in camera, e ascolto la musica, guardo i balletti, documentari, film, ci leggo i giornali...». Pietro vive al settimo piano di un bel palazzo di piazza Mascagni ed è tutto così in ordine da non credere che sia l’appartamento di un uomo che fa tutto da solo. Persino cucinare: «Mi sono sempre interessato della casa e ho cercato di aiutare mia moglie che è stata molto malata. Ecco perché so cucinare, fare il bucato, persino stirare. Per non dire della passione di falegname: per tanto tempo ho avuto il mio laboratorio per fabbricare i mobili. Guardi, quello l’ho fatto io», dice indicando un bellissimo tavolo del soggiorno.
Ogni angolo della sua bella casa racconta la storia di un uomo che ha messo passione e intelligenza in tutte le cose che ha fatto. Tanto che quando si parla di noia, lui non sa davvero come sia possibile, visto che il tempo quasi non gli basta: «E’ difficile dare un consiglio su come non annoiarsi o non sentirsi soli, perché dipende dalla personalità, dall’intelligenza, dalla preparazione, da come uno ha vissuto». E le sua parole sono talmente convincenti che, dopo un pranzo con sformati, arista, verdure in padella e cantuccini di Prato, non resta che togliere il disturbo. «Quando tornate vi preparo il pesto, per fare prima non uso il mortaio ma il frullatore e vi assicuro che è ottimo!» Continua