Firenze, 3 novembre 2016 - DIRE che erano secoli che non la rivedevo, è quasi vero. L’ho conosciuta all’inizio Aringa e Verdurini con Leonardo Brizzi mentre col loro teatro di ricerca andavano verso un teatro comico e musicale che li ha portati in giro per il mondo: eravamo tutti più piccoli. Poi forse perché lei fa cose soprattutto al Teatro del Sale, che è a Firenze è vero, ma non fa parte dei circuiti teatrali classici, l’ho persa di vista. La vita va così che poi una sera quando meno te l’aspetti ci vai al Teatro del Sale trascinata a cena fuori da un’amica anche se non ti va. E dopo ti ritrovi sparecchiata e davanti al palcoscenico. E così arriva lei e non lo sai: Maria Cassi.
Lei, l’ex Aringa e Verdurini. Un palcoscenico dove l’atteggiamento che prevedo è di casa sua, di star lì a suo agio. Lei e un chitarrista bravo per «Schegge» l’ ultimo spettacolo di Maria. Niente di più sbagliato: quello che vedo è una grande e bellissima prova d’attrice e drammaturga. Un garbato e poetico omaggio comico al suo quartiere, Santa Croce, ma meglio, più ristretto, Piazza dei Ciompi, il mercato di Sant’Ambrogio, la piazza. I tipi che circolano i loro tic le loro debolezze senza timore reverenziale racconta i colori, e anche un Cauteruccio assatantato di cibo. Maria Cassi e la piacevole sorpresa di un intelligente e colto tuffo nell’intimità di uno spazio teatrale ancora immune, immune dalle cretinate di una scena macchiata dall’idiozia catodico-mediatica del debordante rigurgito televisivo.
Maria che non si disperde nelle pieghe di esiti astrusi e vuoti senza soluzioni. La Cassi ci porta in un racconto di teatro diciamo da camera, costruito con un pudore antico, quello che si tributa alla memoria e al tempo. Io l’ho visto questo spettacolo – un’ora e mezza tutta d’un fiato senza sbavature e con grande ritmo – come un atto di devozione alla vera vita del teatrante . Forse pensato per recuperare e celebrare un mito, l’essere umano e le sue sfaccettature, i suoi percorsi, e quello che fa vedere di sé. In scena c’è l’essere umano e la sua maschera che Maria Cassi non ci pensa neppure ad abbellire: lei che è una bella donna, con coraggio in scena fa boccacce, occhi storti, cammina sciancata. Se ne frega delle rughe dei luoghi comuni: il suo teatro ha una gentilezza ed una grazia quasi senza uguali.
Vuole farla franca, essere se stessa: siamo sicuri che non avrebbe dato vita a sciocche caricature, ma provato ad interpretare la gente che incontra, il quartiere di Pratolini che lei ripropone con grande bravura. In scena le radici di un percorso personale per cui, forse, tanti anni prima, ha deciso di calcare i duri legni della scena. Da vedere. Info: 055 2001492