Firenze, 10 aprile 2024 - Era una limpida sera di primavera quella del 10 aprile del 1991, quando nella rada livornese, alle 22.25, il traghetto Moby Prince della flotta Navarma partito poco prima dal porto di Livorno e diretto ad Olbia dove sarebbe dovuto arrivare il giorno successivo, entrò in collisione con l'Agip Abruzzo, petroliera della Snam, che si trovava nelle acque di fronte alla città toscana, a 2,7 miglia dalla costa. Fu l'inferno.
A causa del violento impatto fra le due imbarcazioni, da una delle cisterne della petroliera cominciò a fuoriuscire petrolio in grandi quantità. Poco dopo, probabilmente innescato dalle scintille provocate dalla collisione delle lamiere, scoppiò un terribile incendio e sia la Agip Abruzzo che il Moby Prince vennero avvolti dalle fiamme.
A bordo del traghetto si trovavano 75 passeggeri a cui si aggiungevano i membri dell’equipaggio. Parte il “may day”, ma la macchina dei soccorsi, metteranno in luce le indagini, non si mise in moto con la necessaria rapidità.
Tanto che i primi soccorritori individuarono il traghetto più di un’ora dopo la collisione. Nell’incendio persero la vita 140 persone che si trovavano tutte a bordo del Moby Prince.. Tutti salvi sulla nave Agip in quella che è passata alla storia come la più grande tragedia della marineria italiana.
La prua del Moby aveva penetrato la cisterna numero 7 della petroliera: il greggio si riversò sul traghetto che si trasformò in un'immensa torcia con l'innesco delle fiamme, provocato forse dall'attrito delle lamiere. Varie le ipotesi sul perché accadde: nebbia, eccesso di velocità, un'esplosione, un guasto alle apparecchiature di bordo.
Di certo i soccorsi arrivarono in ritardo: il traghetto fu individuato solo alle 23.35. Una 'Ustica del mare' per i familiari delle vittime. Alla fine si salverà soltanto Alessio Bertrand, un mozzo napoletano che era a bordo del traghetto.
Trasportato al pronto soccorso dell’ospedale di Livorno, il giovane componente dell’equipaggio se la caverà anche se rimase segnato per sempre dalla tragedia "Pure gli altri ce la dovevano fare, perché solo io? Non mi do pace su questo". Questo ha detto Alessio Bertrand, l'unico superstite della tragedia della Moby Prince intervistato dal Tg1.
"Tutti i giorni vivo con l'ansia, con la depressione, prendo psicofarmaci", ha aggiunto. Appena salvato il marinaio aveva urlato: "Restiamo qua, recuperiamo qualcun altro. Pure prima di andare nell'ambulanza al porto ero innervosito, e dicevo: aiutiamo gli altri, perché ci sono altre persone".
Ancora oggi Bertrand non riesce a dormire più di tre ore a notte. Con il risarcimento ha comprato la casa dove vive ad Ercolano con la moglie e due figli, che mantiene con la sua pensione d'invalidità. All'epoca era un mozzo di 23 anni, imbarcato con lo zio: da allora non è mai più salito su una nave.
"Sentimmo il boato, uscimmo fuori, andavamo avanti e indietro senza sapere dove andare. Poi mi sono appeso a un corrimano, aspettando qualcuno. Poi mi sono buttato a mare, e mi hanno preso due ormeggiatori, che poi mi hanno portato sulla motovedetta della capitaneria di porto". A oltre trent'anni di distanza pensa che si possa ancora arrivare ad una verità giudiziaria? "Se indagano tutti quanti sì, si può sapere la verità. Per me, per i miei amici, per mio zio".
'Per non dimenticare', anche quest'anno, nel 33esimo anniversario della tragedia, il Comune di Livorno, con il patrocinio della Camera dei Deputati, della Regione Toscana, della Provincia di Livorno, dell'Associazione '140 Familiari delle Vittime del Moby Prince' e dell'associazione '10 Aprile Vittime del Moby Prince, celebrerà l'anniversario con cerimonie e iniziative. Nasce oggi Joseph Pulitzer nato a Makó il 10 aprile del 1847. A lui dobbiamo la più antica scuola di giornalismo, alla Columbia University. Dopo aver creato il St. Louis Post Dispatch fu messo a capo, rivoluzionò e portò al successo il New York World. Porta il suo nome il più importante premio giornalistico, il Pulitzer, assegnato nel 1917 per la prima volta. Ha scritto: “Un giornale che è fedele al suo scopo si occupa non solo di come stanno le cose, ma di come dovrebbero essere.”