TITTI GIULIANI FOTI
Firenze

"Vi racconto Paolo Poli: unico, coraggioso e splendente"

Il ricordo di Gabriele Lavia: "Credo che in Italia solo lui abbia avuto tutto il pubblico dalla sua parte. Era un artista assoluto, non un interpete. Come Totò"

Paolo Poli all'inaugurazione del teatro Niccolini (foto Umberto Visintini/New Pressphoto)

Firenze, 27 marzo 2016 - "Che dispiacere . Perché Paolo Poli forse non era un artista per tutti, ma un signore del teatro per tanti". Il maestro Gabriele Lavia (foto in basso) è sgomento. Anche lui, come molti di noi, vive questa perdita, dopo Eco, quasi come uno stato di calamità per la cultura italiana. "L'avevo visto vecchio sì, ma in gamba e lucido: è morto a causa dell'età perché la vita è noiosissima ma alla fine è corta".

Lavia, come vi eravate trovati?

"L'ho conosciuto in maniera semplice e abbastanza bene perché abitava, a metà degli anni Sessanta, in una zona di Roma dove casualmente risiedevano solo attori, verso via Monserrato. Ci si incontrava per la strada e ci si diceva : ma che stiamo tutti qua? Per un periodo è stato un privilegio, oggi è diventata zona invivibile. Ricordo, mi piace ricordarlo come era: inarrivabile per me e per moltissimi altri attori, tra cui Laura Betti. Paolo Poli era al culmine del suo successo sfolgorante".

Come ricorda questo successo di Poli?

"Io credo che solo lui in Italia abbia avuto tutto e dico tutto il pubblico dalla sua parte, sempre. Il suo successo è stato folgorante, meritato, e, azzardo, forse neppure tanto cercato. Io non ho mai visto spettacoli, oltre ai suoi, gremiti all'inverosimile, dove non poteva entrare neppure uno spillo".

Gabriele Lavia in “Il sogno di un uomo ridicolo": foto Filippo Milani

Cosa lo rendeva unico secondo lei?

"Intanto è stato un artista coraggioso e splendente. Il primo a recitare en travesti in maniera così naturale e divertita che non solo nessuno poteva dire niente, ma piaceva da matti. Io me lo ricordo benissimo Paolo Poli assolutamente indimenticabile nel ruolo del titolo ne La Nemica di Nicodemi. Il pubblico andava letteralmente in delirio: da non credere a che livello dì comicità, ironia, intelligenza a cui poteva arrivare questo specie di splendido fauno asessuato".

Un momento particolare?

"Negli anni '70 c'era la moda indiana e io lo vedevo anche con un po' d'invidia portare con un'eleganza straordinaria un barracano bianco e dei sandali francescani. Era bellissimo girava per Roma con una disinvoltura e tutti si giravano a guardarlo".

Negli ultimi tempi?

"Paolo era sempre molto carino anche se non ci siamo più frequentati, ma siamo rimasti amici e facevamo dei discorsi meno frivoli. Penso che nessuno, pensando a lui, non abbia un sorriso anche mesto. Perché aveva questo fondo di malinconia per essere volutamente leggero ma molto profondo. Credo che sia stato felice, la sua vita l'ha vissuta".

Esibiva anche la sua sessualità con allegria.

"E' stato uno avanti anni luce più di tutti. Aveva capito, io credo a intuito, senza studiarci sopra quel certo modo di fare teatro che oggi non c'è più. E quel suo esibire una sorta di omosessualità non aggressiva, voleva dire: sono così ma senza drammi e senza fare manifesti. Era trasgressivo ed eccezionale. Ci rideva sopra con un velo di malinconia ed era sincero. Per questo era amato dalle persone".

Ha mai pensato di dirigerlo ?

"Impossibile se c'era Paolo Poli poli in scena c'era solo lui. Sono rimasto male alla notizia della morte. L'ho visto a gennaio per la riapertura del Niccolini e mi era sembrato in gran forma. Sì, era pallido. Ma è sempre stato pallido, perché trovava volgare prendere il sole".

Lavia, esiste l' erede di Paolo Poli?

"Assolutamente no. Non ha lasciato eredi, perché era un artista assoluto, non un interprete. Noi siamo interpreti. Paolo Poli era come Totò: unico ".