
Alessandro Giuli, giornalista e politico italiano, dal 6 settembre 2024 è ministro della cultura nel governo Meloni; il titolare del Mic ieri è stato in visita a La Nazione di Firenze (Marco Mori/New Press Photo)
Firenze, 29 aprile 2025 – Maggio promosso, Pergola bocciata (piuttosto le decisioni sul Teatro nazionale della Toscana), Gallerie degli Uffizi a gonfie vele. E di Montanari al museo Ginori non sentirà la mancanza. Ma non solo lui. “Firenze è Firenze. Qui si è costruita l’identità culturale d’Italia”.
Non nasconde il suo amore per la città il ministro della Cultura, Alessandro Giuli, che ieri – tra gli appuntamenti fiorentini – ha fatto visita alla redazione de La Nazione. Ma il giornalista-ministro non nasconde nemmeno l’irritazione per un governo di centrosinistra della città. Di frecciate non ne risparmia ad alcuno. “Firenze è la capitale della culturale mondiale e appartiene ai fiorentini e a chi la ama, né il governo di destra della Nazione, nè quello di sinistra della città possono avere la presunzione di esercitare un monopolio”.
Il riferimento è proprio alla Pergola dove ieri, con il ministro già in città, si è consumato il balletto sull’addio al direttore generale, Marco Giorgetti. “Bisogna dialogare – dice Giuli con una stoccata indirizzata alla sindaca Sara Funaro –, ogni irrigidimento, ogni forma di presunzione di chi pensa di gestire delle rendite che in passato potevano funzionare con i soldi dei contribuenti di tutta Italia, per poter prendere decisioni unilaterali, sono tramontate”, aggiunge. “Su Stefano Massini (nuovo direttore artistico della Pergola, ndr) non ho alcun giudizio dal punto di vista artistico, ma dal punto di vista del metodo sì. E’ sempre meglio il dialogo il giorno prima, che l’irrigidimento dopo”. A strappo su Giorgetti consumato, aggiunge e rincara la dose: “Servono scelte condivise per la guida de La Pergola. Mi auguro che il sindaco di Firenze voglia condividere una scelta che deve essere non del Mic o del Comune di Firenze, ma nell’interesse dei fiorentini”.
Di diverso avviso il ’voto’ sulla governance del Maggio che di tempeste in passato ne ha attraversate parecchie e adesso ha ritrovato il sereno. “Trovo il Teatro del Maggio Musicale Fiorentino in grande forma. La Fondazione è nelle mani di un manager che ho avuto il piacere di conoscere quando ho lavorato per la Rai”, dice Giuli parlando del sovrintendente Carlo Fuortes, che in questo primo anno – è stato nominato a marzo 2024 – ha reso il teatro più pop. Basti ricordare le produzioni firmate da registi cinematografici come Luca Guadagnino o il ’Caravaggio’ di Mauro Bigonzetti danzato da Roberto Bolle proprio per il cartellone del Maggio.
Quanto all’apertura di partnership pubblico-private per sostenere le Fondazioni lirico sinfoniche Giuli non ha dubbi: “La cultura va sostenuta anche con collaborazioni tra pubblico e privato. Firenze è città del mecenatismo, ma quello tradizionale delle grandi committenze tende a non funzionare più. Oggi vengono premiate le idee e i progetti. Le istituzioni pubbliche devono sempre finanziare la cultura in tutte le sue articolazioni ma serve una visione d’insieme per risvegliare le energie della società civile, dell’imprenditoria privata. Il lavoro che il sottosegretario Gianmarco Mazzi va proprio in questa direzione”.
Il titolare del Mic ha parole al miele anche per Simone Verde, direttore delle Gallerie degli Uffizi: “I musei fiorentini sono straordinariamente vitali, fanno numeri formidabili”. E poi soffermandosi sulle Gallerie: “Verde sta facendo un lavoro eccellente, il Corridoio Vasariano è stato riaperto nei tempi previsti” aggiunge.
Quanto alla vicenda decennale della Loggia di Isozaki è tranchant: “Il Consiglio superiore dei beni culturali ha detto no. Ricordate come era Firenze 25 anni fa quando fu progettata, quanti erano i visitatori degli Uffizi, circa un terzo di oggi. Adesso il progetto va completamente ripensato. E’ una buona notizia che la Loggia sia scivolata via ed è durata anche più del regime Fascista...”. Ma c’era la possibilità di farci un giardino, diceva Sgarbi? “Appunto era stato dato fatto... ma da Sgarbi”, chiosa sornione.
L’altro tema caldo è il caso Montanari alla Fondazione Museo Ginori e tutte le relative polemiche che si sono susseguite. “Destituire Montanari? Si destituiscono solo i re. Non mi sembra che sia stato ghigliottinato in pubblica piazza. E’ stata una scelta che depoliticizza la governance della fondazione Ginori, dopo che abbiamo confermato una larga erogazione di fondi in un cda in cui il Mic è sostanzialmente minoritario. Abbiamo messo una figura specchiata, un tecnico” dice riferendosi alla mancata conferma di Tomaso Montanari, sostituito dall’avvocato Marco Corsini, sindaco del Comune di Rio nell’Isola d’Elba. “La Fondazione è in buone mani. Comunque gli altri contraenti possono avere il loro Montanari, basta che lo nominino in Cda” aggiunge, senza giri di parole: “Non mi sembrava una vedova inconsolabile di Montanari nemmeno il governatore Giani”.
Ne ha per tutti il ministro e non si sottrae sulla proposta di intitolare una rotonda a Giovanni Gentile. Tema che ha infiammato la città. “La rotonda sul male” ironizza. “Ricordo che Glauco Della Porta che era un democristiano intitolò una via a Giovanni Gentile. Ho giurato sulla Costituzione con orgoglio ed emozione: ma oggi dico che è un problema di maturità se non si riesce a storicizzare Gentile. Abbiamo celebrato in presenza del Capo dello Stato l’istituto dell’enciclopedia italiana, magnificando le intuizioni di Gentile e adesso vogliamo trasformare tutto questo in una rotonda sul male?”.