NORMA ALESSANDRI
Firenze

E a Firenze nacque la sindrome di Stendhal

Lo scrittore francese Marie-Henri Beyle (1783-1842), meglio noto come Stendhal, fu il primo a descriverla dopo aver visitato la basilica di Santa Croce

Santa Croce

Firenze, 22 gennaio 2016 - Firenze è famosa in tutto il mondo non solo per le sue meraviglie artistiche, ma anche per una celebre affezione psicosomatica che ebbe origine nella splendida piazza Santa Croce: la sindrome di Stendhal

Lo scrittore francese Marie-Henri Beyle (1783-1842), meglio noto come Stendhal, fu il primo a descriverla, riportando la propria esperienza nel corso di un Grand Tour attraverso le principali città italiane nel 1817. Dopo aver visitato la basilica di Santa Croce, lo scrittore uscì e, ritrovatosi nell'omonima piazza, cominciò a manifestare tutti i sintomi di questa sindrome estatica: tachicardia, vertigini e allucinazioni.

Così riporta nel suo diario di viaggio: “Ero già in una sorta di estasi all'idea di trovarmi a Firenze (…) Assorbito nella contemplazione della bellezza sublime, la vedevo da vicino, la toccavo per così dire. Ero giunto a quel livello di emozione, dove si incontrano le sensazioni celestiali date dalle arti e i sentimenti appassionati. Uscendo da Santa Croce, ebbi un tuffo al cuore, la vita per me si era inaridita, camminavo temendo di cadere”.

La psichiatra Graziella Magherini, per anni direttrice del dipartimento di salute mentale di Santa Maria Nuova, ha assistito centinaia di turisti ricoverati nell'ospedale fiorentino, spesso in preda a un acuto scompenso psichico. La sua esperienza è riportata nel celebre libro “La sindrome di Stendhal. Il malessere del viaggiatore di fronte alla grandezza dell'arte”, all'interno del quale Magherini descrive questi peculiari attacchi, in parte assimilabili a un crollo psichico, proponendo di considerarli una malattia vera e propria. Come ha osservato il critico statunitense James Elkins, l'esperienza descritta da Stendhal, seppure problematica sotto un profilo medico, assume una valenza importante in quello storico.

L'insorgere di tale sindrome, infatti, coincide con l'avvento del turismo borghese: nei primi decenni del XIX, osserva Elkins, si compilavano infatti le prime guide, i cosiddetti “ciceroni” destinati a turisti neofiti. Esiste, infine, una sindrome antitetica a quella di Stendhal, definita da un giornalista del New York Times come “il malessere di Mark Twain”, attribuito a coloro che, di fronte ad un'opera d'arte, non provano alcun tipo di emozione. Il malessere farebbe riferimento a quando lo scrittore americano visitò in Italia quello che poi definì “il lamentevole relitto del più celebre dipinto del mondo”, ovvero L'ultima cena di Leonardo da Vinci.

L'episodio viene descritto dall'autore in una lettera del 1869: “Si può percorrere un miglio di gallerie d'arte - riporta Twain- e fissare stupidamente orribili, antichi incubi, fatti con il nerofumo della della candela, prestare orecchio agli estatici encomi delle guide e tentare di trovare un certo entusiasmo, che però non arriva – e senti nient'altro che un leggero fremito quando nell'orecchio ti cadono i nomi i grandi nomi degli antichi re dell'arte- nient'altro”.