Firenze, 14 aprile 2018 - "Come sto? Un po’ male e un po’ bene: anni e anni fa debuttavo sempre a Firenze e al Teatro Verdi che mi ha accoglieva con grande calore. Spero accada anche domani". Ornella Vanoni torna tra noi: con lei i fantasmi narrativi prendono corpo con l’eccesso di stimoli e la sua disordinata, stupenda polifonia. Ornella. Punto. Sarà Lunedì 16 al Teatro Verdi con «La mia storia» lo spettacolo che presenta a pochi mesi dalla partecipazione al Sanremo.
Signora Vanoni, a Sanremo è stata grandissima.
«Boh, sì. Dicono. Pare abbia colpito il coraggio di essermi rimessa in gara».
E ha avuto soggezione?
«Solo una cosa mette soggezione, la luce rossa che si accende nella telecamera. Poi, niente, il pubblico, la platea è solo meravigliosa. Riscalda».
“Imparare ad amarsi” è un brano che resterà.
«Vedrai che diventa un classico, è un gran pezzo. A Sanremo avevo sul palco due grandi autori. Al Verdi ti porto il racconto in musica della mia carriera artistica, iniziata al Piccolo di Milano negli anni ’60. Con i brani storici della mala, di Brecht e le canzoni che mi hanno fatta – posso dirlo? –amare dal grande pubblico».
A Milano un debutto trionfale.
«Era un anno che stavo ferma e l’invito di Sergio Escobar, direttore del Piccolo Teatro è stato meraviglioso. Mi ha detto: vuoi aprire lo stagione dello Strehler?».
E’ stato subito un sì?
«Direi. Io stessa ho inventato questo spettacolo. A Milano è stato bello, parlavo come se Strehler fosse con me. Perché lì sono nata. Tenerezza».
Cosa le dice il pubblico?
«Oh, ma la Vanoni che a 83 anni che canta con questa voce potente, non è mica male. Rimettersi in gioco è un passo coraggioso e fantastico . Figurati se me lo perdevo».
Solo l’overture per un grande romanzo di vita. Imperdibile.