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Bove si racconta: “Le immagini del mio malore? Che figura di...”. Tornare a giocare è il grande sogno: “Il calcio è arte, non lo mollo”

In una lunga intervista al settimanale Vanity Fair, il centrocampista viola si racconta: dalla grande paura all’amore per Martina fino alla passione per la moda. Con il pallone sempre in testa

Edoardo Bove

Edoardo Bove

Firenze, 21 febbraio 2025 – E’ un Edoardo Bove che si apre, si racconta, condivide gioie, speranze,  dolori e preoccupazioni il protagonista di una lunga intervista sul settimanale Vanity Fair  (il testo completo è già online e uscirà in edicola giovedì 27  febbraio) della quale anticipiamo alcun stralci.

 Nell’intervista, realizzata da Federico Rocca il giorno dopo il recupero con l’Inter (vinto per 3-0 dai viola), Bove affronta con coraggio anche i momenti drammatici del malore che l’ha colto il 1° dicembre  durante Fiorentina-Inter. “Ricordo davvero poco, che ero in campo e che a un certo punto ha cominciato a girarmi la testa come quando ti alzi troppo velocemente dal letto, ho avvertito una sensazione di spossatezza… e basta. Non ricordo di essere caduto. Mi sono risvegliato in ospedale, toccandomi le gambe perché pensavo mi fosse successo qualcosa al ginocchio, un incidente. Per me, all’inizio, non è stato difficile come per i miei cari: io non capivo nemmeno la gravità della situazione, pensavo di essere semplicemente svenuto. Loro invece sapevano di avere corso il rischio perdere un figlio, un amico, o di potermi rivedere in condizioni… brutte”. Bove in ambulanza si è molto agitato: “Mi hanno raccontato che gridavo, mi dimenavo, dicevo cose a caso. Ho urlato “Fiorentina” fortissimo. Mi hanno dovuto legare”.

Curiosa la sua reazione quando ha rivisto le immagini del suo malore in campo:”Sincero? «Ammazza che figura di… davanti al mondo intero. Ma non potevi scegliere un altro momento?!». Era la partita delle 18, quella per il primo posto in classifica, la stavano guardando tutti. Detesto farmi vedere vulnerabile. Subito dopo, però, ho capito di essere stato molto, molto fortunato. Ho rischiato tanto, devo essere grato alla vita perché tutto è successo in un campo di calcio, col soccorso a portata di mano: in 13 minuti ero in ospedale. Non so come sarebbe andata, se fosse successo in un’altra circostanza. Dopo aver metabolizzato, mi sono sentito la persona più felice del mondo”.

Sono seguiti i 13 giorni di ricovero, una grande solidarietà collettiva, ma anche una grossa pressione mediatica e “notizie prive di ogni fondamento”. Ribadisce più volte che il calcio gli manca: “E’ uno dei miei più grandi amori. E’ una forma d’arte”.

Nell'intervista una parte è dedicata alla compagna Martina (“Sono quello che sono anche grazie a lei”) alla passione per il tennis e per la moda, ma il discorso torna spesso sul calcio. Adesso, con il defibrillatore sottocutaneo che gli hanno impiantato in Italia non può giocare, mentre è possibile farlo in altri Paesi a partire dall'Inghilterra (“mi è sempre piaciuta Londra”). Su questo Bove non molla: “Se si decide di mantenerlo, in Italia non potrò giocare: qui da noi la salute viene prima dell’individuo, e non sto dicendo che sia una regola sbagliata. Ma all'estero sì, praticamente ovunque. Il calcio è troppo importante per me, non posso permettere a me stesso di mollare così. Io ci riprovo, senza ombra di dubbio. Vedrò anche come starò: se avrò paura, se non sarò tranquillo… allora cambierà tutto. E ancora: “Mi possono dire quello che vogliono, ma l'ultima parola spetterà a me. Anche se decidessi di giocare all’estero, dovrei firmare un documento assumendomi la responsabilità di quanto potrebbe accadermi in campo. Giocare all’estero?

“Per come stanno le cose adesso, sì. Però non escludo affatto di poter togliere il defibrillatore: i medici mi stanno dicendo che c’è questa possibilità”.