ANTONIO MANNORI
Sport

Ciclismo, 20 anni dalla morte di Bartali: campione ed eroe / SPECIALE

Il 5 maggio 2020 moriva il grande "Ginettaccio". Vinse tre Gitri d'Italia e due Tour de France. Salvò tanti ebrei dall'Olocausto

Gino Bartali

Firenze, 5 maggio 2020 –  Oggi martedì, 5 maggio, sono vent’anni dalla morte di Gino Bartali, uno dei più grandi campioni in assoluto del ciclismo, ma anche campione di umanità tanto da essere riconosciuto dallo Yad Vashem, il memoriale ufficiale israeliano fondato nel 1953, “Giusto tra le Nazioni” per aver salvato moltti ebrei durante la guerra trasportando documenti falsi nei suoi allenamenti da Firenze ad Assisi.

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Bartali, usando una metafora è stato campionissimo delle ruote della vita, personaggio vero. La sua è stata una storia di coraggio e di eroismo, per i valori e principi che Gino Bartali ha avuto. “Ginettaccio” campionissimo straordinario, uomo a pane e acqua, del quale ci piace nel giorno del ventennale dalla sua morte ricordare in sintesi la vita. Una famiglia povera, due fratelli, Gino appunto e Giulio morto in corsa a soli 20 anni durante il Campionato Toscano, il 14 giugno 1936, lungo la discesa da San Donato in Collina verso Bagno a Ripoli, poco prima di Osteria Nuova.

Il loro padre Torello a soli 9 anni fu garzone nella bottega di biciclette tenuta da Oscar Casamonti. Bartali da solo si procurò la prima bici per la gara d'esordio a 16 anni la Rovezzano-Rosano. Vinse quella gara ricordano le cronache di quel tempo, ma era troppo giovane e fu squalificato, e la sua prima vittoria ufficiale, datata 5 ottobre 1931, fu ottenuta all’Antella a due passi da Ponte a Ema. Erano i tempi in cui ogni vittoria valeva 50 lire. Furono anni di grandi duelli e sfide con il pratese Aldo Bini.

A 22 anni Gino s’impose nel suo primo Giro d’Italia; fece il bis l’anno dopo e intanto nel ’38 arrivò anche il successo al Tour de France. Poi la parentesi della guerra, anni di inattività che gli fecero perdere tanti successi. La serie riprese nel 1946 ancora con il Giro d’Italia e qui iniziò una serie di vittorie a completare una carriera straordinaria, e tra le sue vittorie tante classiche di un giorno tra le quali la Milano-Sanremo. Fu campione Italiano a 38 anni, indossando – era lo sponsor di se stesso – una maglia che portava scritto il suo nome. Sempre, anche quando fu davvero troppo vecchio per vincere, gareggiò con spirito fiero e quando parlava ai giovani in occasione di qualche festa (ce lo ricordiamo bene) amava ripetere “Io non mi ritiravo mai“.

L’ultima sua pedalata in un circuito a Cologno Monzese il 9 febbraio 1955 dopo vent’anni da professionista con 124 vittorie, la prima nella tappa Porta Civitanova-L’Aquila del Giro d’Italia del “35. Scalatore formidabile, ma anche velocista di vaglia, un lottatore caparbio, un professionista esemplare da ammirare. Profondo cattolico aveva sempre all’occhiello della giacca il distintivo dell’Azione Cattolica, conobbe di persona quattro pontefici, amava Ponte a Ema dalla quale mai si staccò.

Nella sua vita lo abbiamo ricordato all’inizio non solo le imprese sportive ma anche quelle umane e fatti storici come in occasione di quell’epica vittoria al Tour de France del ’48 (vinto 10 anni dopo il primo trionfo), che contribuì non poco ad evitare all’Italia una guerra civile perché in quei giorni c’era stato l’attentato a Palmiro Togliatti.

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Nei giorni caldi dell’ultima guerra invece, trasportava all’interno dei tubi della sua bicicletta dei documenti falsi per aiutare gli ebrei ad avere una nuova identità e così salvò dall’Olocausto tanti fratelli ebrei.

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Per ricordare oggi il ventennale dalla sua scomparsa e rendere omaggio alla sua memoria, la diocesi di Assisi-Nocera Umbra-Gualdo Tadino ha deciso di effettuare nel pomeriggio alle 16, una celebrazione eucaristica presieduta dal vescovo monsignor Domenico Sorrentino, proprio nella cappellina privata appartenuta al ciclista toscano e donata nel 2018 al “Museo della memoria, Assisi 1943-1944” dalle nipoti Gioia e Stella Bartali. E' la prima volta dopo la morte di “Ginettaccio” che viene celebrata una messa nella cappellina dedicata a Santa Teresa del Bambin Gesù. Il grande campione fiorentino di Ponte a Ema, divenuto Terziario Carmelitano nel 1937, volle questa cappellina (consacrata lo stesso anno dal cardinale e vescovo di Firenze Elia Dalla Costa) in memoria del fratello Giulio, morto in un incidente in corsa. Il legame tra Bartali e Assisi ce lo ricorda la storia, con il campione del pedale che trasportava all’interno dei tubi della sua bicicletta, dei documenti falsi per aiutare gli ebrei ad avere una nuova identità.

Gino Bartali è stato tutto; un grandissimo campione, forte, onesto, quasi mai felice e quasi sempre imbronciato, che amava portare i segni della fatica e della sofferenza, tanto da essere definito “uomo di ferro”. E in tanti lo ricordano ancora per quella celebre frase: “E’ tutto sbagliato, è tutto da rifare”. La messa odierna ad Assisi sarà trasmessa in diretta sulla pagina Facebook della diocesi Assisi-Nocera-Gualdo Tadino.