Il caso Infantino e la storia che si ripete. Da Aguirre a Toledo. Quei carneadi viola incensati e poi spariti

Numerosi calciatori sono scomparsi nel nulla dopo promesse di successo, come Gino Infantino e Diego Latorre a Firenze. Storie di fallimenti e illusioni nel calcio viola.

Fiorentina

Tifosi della viola che condividono momenti di gioia e sofferenza durante la partita

In tv la chiamano "sindrome di Chuck Cunningham", in riferimento al personaggio che, nelle prime puntate della famosa serie "Happy Days", interpretava il ruolo del fratello di Richie salvo poi scomparire nel nulla senza spiegazioni. Come non fosse mai esistito. Ditemi voi se la storia di Infantino non appartiene alla categoria. Già, Gino Infantino da Rosario, Argentina di fuoco, mezzala mancina che doveva riempire il palinsesto viola con un ruolo da protagonista e che, invece, qualche giorno fa nel silenzio si è imbarcato per gli Emirati Arabi, ripiombando nel nulla dal quale era provenuto. Un emulo di Chuck Cunningham appunto. Non certo l’unico. Sono infatti numerose le storie di calciatori carneadi arrivati con velleità di proscenio e che invece se ne sono andati senza lasciare tracce.

Storie che iniziano nell’estate del 1980, quando i Pontello portarono a Firenze un figlio d’arte come Giuseppe Novellino, fratello di Walter. Farà la stessa fine che nella musica hanno fatto Marco Ligabue e Luigi Grechi (che all’anagrafe si chiama Luigi De Gregori). Nel 1988 Diego Aguirre da Montevideo prometteva furore & gol, ne segnò solo uno di menisco alla Virescit Boccaleone prima di tornarsene in Sudamerica. Stefano Rossini fu uno dei primi acquisti di Cecchi Gori nel 1990: "E’ il nuovo Cabrini", dissero di lui non cogliendo proprio nel segno. Non contenti, l’anno dopo ci riprovarono con Giovanni Bucaro, preso dal Foggia di Zeman. Non andò meglio. La storia di Diego Latorre meriterebbe invece una fiction. In Argentina lo chiamavano "El gambeita", la finta, e a Firenze arrivò per colmare l’assenza di Baggio. Che è un po’ come dire che per colmare l’assenza di Giuseppe Verdi uno si rivolge a Paola e Chiara. Altri tempi, altre vicende.

Giorgio Vakouftis nel ‘99 sembrava un boom, finì nel fallimento del 2002, proprio come Equi Gonzales, che qualcuno definì "l’erede di Rui Costa". Portillo di galattico ebbe solo la capigliatura mentre Lupoli nemmeno quella. Di Salifu si ricordano le serate in ritiro sulle Dolomiti con Di Tacchio, mentre i 45 minuti di Brillante con la Roma per i collezionisti hanno lo stesso valore del Gronchi Rosa. E ancora: Wolski segnò un gol all’Atalanta che si disse "alla Baggio" prima di capire come in realtà fosse più "alla padre Pio" e anche a Larrondo capitò qualcosa di simile mentre il caso Lo Faso metterebbe oggi in difficoltà pure la Sciarelli. Per finire forse alla prestazione più straordinaria di tutti, quella di Hernan Toledo. Che non solo ha condannato il buon Andrea Della Valle all’ignominia eterna ("E’ un colpo", giurò l’allora presidente viola) ma è riuscito ad avere un coro dedicato dai tifosi senza aver mai giocato un solo minuto. Con il dubbio, casomai, se ciò sia poesia o sciagura.

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