Quell’incertezza, seppur in corresponsabilità con Adli, costata cara domenica scorsa con il Torino. E poi quell’errore in area col Napoli pagato col gol di McTominay e, più in generale, l’impressione di avere perso nelle ultime gare quella sicurezza sfrontata con la quale aveva demolito attaccanti ben più esperti di lui. Non è un periodo radioso per Pietro Comuzzo, detto il soldato per via di quei capelli corti stile naia e per la sua affidabilità dimostrata in campo fino a qualche tempo fa. Anche lunedì, nel dopo gara col Toro, sono stati in tanti ad assegnargli il voto più basso in pagella. Una bagno gelido di realtà dopo un inizio di campionato caldo come un bagno turco. Ma alzare troppo il livello della critica su di lui, puntargli addosso il raggio debilitante dello scetticismo sarebbe un errore.
Perché spesso dimentichiamo che dietro quel cognome da atleta antico come Carnera o Bottecchia e quel fisico scolpito che lo fa sembrare incrollabile come una massicciata ferroviaria, si nasconde l’animo di un ragazzo con non ancora venti primavere alle spalle. Li farà a febbraio i 20 anni Comuzzo, e, come spiegano gli psicoterapeuti e i Maneskin, non ci si può stupire se a quell’età dal niente si fa un dramma, perché il mondo è ancora tutto da scoprire con le sue trappole e le sue incertezze. E se non ci rendevamo conto dell’età del "soldato" è perché sul campo le sue prestazioni erano quelle di uno stopper di altri tempi. Un calciatore che coniugava velocità e potenza, gioventù e saggezza, attenzione ed esplosività, marchio certo di un difensore di prospettiva, frenato ora solo dall’inevitabile smarrimento dell’inesperienza.
Per questo è difficile dire quale sia la ricetta migliore per recuperarlo. Se convenga dargli fiducia confermandogli una maglia da titolare o se non sia meglio farlo respirare per qualche gara. A Palladino il compito di indicare la terapia giusta. Di certo la cosa più sbagliata sarebbe seminare intorno a lui l’erba venefica dell’impazienza che, nel passato, ha intossicato altri giovani, finendo per perderli alla causa viola. Per dire: di questi tempi si parla con insistenza di offerte milionarie al Feyenoord per David Hancko, che a Firenze liquidammo dopo solo pochi spezzoni di gara a prezzo di realizzo. Con un ragazzo arrivato da lontano in tempo di bradisismo sportivo (era l’estate del passaggio di proprietà fra Della Valle e Commisso e fra Corvino e Pradé) l’errore ci può stare eccome. Ma farlo di nuovo con un ragazzo come Comuzzo germogliato nel verde del Viola Park, sarebbe davvero colpevole.
Salviamo dunque il soldato Pietro difendendolo da ogni agguato della frenesia. Con la speranza che l’errore già fatto a suo tempo per Hancko non lo si stia ripetendo anche oggi con Kayode.
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