Il soprannome a un primo impatto non gli rende onore, perché dire a qualcuno che somiglia a un "cane malato" non sembra il massimo della vita. Ma quando Mourinho gli affibbiò quel soprannome, in realtà era un modo per complimentarsi. Perché Edoardo Bove ogni volta che scende in campo sembra avere la voglia di correre dietro tutti i palloni con l’aggressività di un cane malato. Qualcosa di positivo insomma, anche se come immagine metaforica si sarebbe potuto sceglier di meglio. Ma possiamo davvero accusare un portoghese per una incomprensione linguistica in italiano? Figurarsi. Anche perché, casomai, sono altre le incomprensioni che hanno segnato fin qui la carriera di Bove.
Nato nel quartiere dell’Appio Latino, il nostro inizia a muovere i primi passi calcistici nella Boreale Don Orione, piccola squadra di quartiere della cintura romana, prima di passare alla Roma dove compie tutta la trafila delle giovanili. E’ Mourinho, quando ha solo 19 anni, a rimanere stregato del suo affannarsi in campo che ricorda il primo De Rossi, bloccandone prima la cessione al Genoa e poi consegnandogli una maglia da titolare: "E’ tua, non mi deludere". Sembra l’inizio di una camminata infinita in giallorosso, squadra della quale è pure tifoso, ma il calcio è mutevole più dei look di Achille Lauro. E, in uno dei tanti paradossi della vita, proprio con l’arrivo del "modello" De Rossi, Bove finisce nelle retrovie. Non più titolare ma uno dei tanti. Un incompreso, appunto. Ed è proprio grazie a ciò che Pradé, dopo un lunghissimo corteggiamento, negli ultimi giorni di mercato riesce a portarlo a Firenze.
Un colpo assoluto. Palladino considera infatti il mordere la partita di Bove indispensabile alla squadra. E, pur di farlo giocare, si inventa per lui un ruolo atipico. Quello di ala sinistra con licenza di spaziare ovunque per il prato verde. Un tuttocampista nel vero senso del termine. Ora: lavorando con la fantasia si potrebbe dire che Bove sta alla Fiorentina di Palladino come Maurilio Prini stava alla Fiorentina di Bernardini. Così come il centrocampista delle Sieci (che prese il posto di una punta qual era Bizzarri), fu l’uomo che equilibrò la squadra del "dottore", così Bove è il mediano laterale che oggi bilancia la manovra viola. Un formidabile riempitore di spazi che allo stesso tempo consegna stabilità e armonia.
Certo: molti dicono che l’intuizione di Prini fu fondamentale per vincere il primo scudetto e che dunque il paragone potrebbe essere fuorviante. Ed è vero. Troppo più forte la squadra di allora e troppo diversa la situazione. Ma siccome sognare non costa e già domenica con l’Inter la sveglia potrebbe suonare, tante vale fantasticare per altri 4 giorni. Che se non consente suggestioni e utopie un gioco qual è il calcio, cos’altro può consentirle?
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