Mannelli, quel difensore divenuto un luminare

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Da dottor Socrates al professor Mannelli, con un denominatore comune: il viola. Il parallelismo potrebbe essere ardito, certo. Ma se il brasiliano ha lasciato maggiori tracce nel mondo del pallone, nel campo medico Massimo è diventato un luminare nel campo dell’endocrinologia. I suoi titoli sono appesi al muro del suo studio, tra lauree e specializzazioni. Magari avrebbe voluto anche piazzare quella maglia viola con cucito il primo scudetto indossata dal giovane talento della Primavera guidata da Andrea Bassi, dopo essere passato da due maestri del pallone come Cinzio Scagliotti e Mario Mazzoni. Massimo Mannelli era un predestinato, visto che babbo Mario fu attaccante della Fiorentina anni Trenta e andò molto vicino al tricolore. Di padre in figlio, dunque, anche se il suo mestiere era quello di impedire agli avversari di fare gol. Quell’istinto innato di ’difendere’ che lo porterà a lottare con le patologie dei pazienti.

Per informazioni basta googgolare un po’ per rendersi conto che il calcio ha probabilmente perso un ottimo condottiero difensivo, mentre la scienza ha acquisito un vero luminare. Oggi è in pensione, ma in giro per il mondo il suo nome vale più di una Rimet. Riavvolgiamo il nastro: Torneo di Viareggio anno 1969, fascia di capitano al braccio. Ma un infortunio negli ottavi con l’Espanyol lo mette fuori causa, seguendo da bordo campo Merlo e Chiarugi trionfare. L’atmosfera dei campioni l’avrebbe comunque respirata perché subito dopo lo scudetto Pesaola lo convoca per una tournée negli Usa, dove gioca con una casacca stranissima tricolore confezionata dai tifosi viola negli Usa. Parte poi per il ritiro ad agosto con i tricolori, messo però ko da un infortunio. La strada medica era già segnata.