Uno è il presente vincente, arrivando da un passato non da predestinato, ma costruito dalla gavetta e negli anni, superando anche scetticismi pretestuosi poi del tutto rinnegati. L’altro si sta costruendo il futuro attraverso un presente in linea con le qualità dell’altro: lavoro e dedizione. In altre parole Simone Inzaghi e Raffaele Palladino. Esattamente in quest’ordine. Quest’ultimo è arrivato ad allenare una prima squadra con l’onore e l’onere dell’investitura direttamente da Berlusconi (e Galliani) che da subito aveva intuito doti non comuni da parte del ragazzo di Mugnano che probabilmente da giocatore non ha raccolto quanto avrebbe meritato. Ma si sta rifacendo in panchina. Un po’ come il suo collega. L’Inzaghi ’secondario’ si è guadagnato il rispetto di tutti e gli allori conquistati grazie alla sua educata tenacia che lo hanno portato a vincere scudetto e coppe nazionali, frequentando anche una finale di Champions. Sempre con lo stesso atteggiamento e senza gonfiare il petto. Ma senza per questo difendere le sue idee e, soprattutto, i suoi ragazzi che lo apprezzano proprio per questo. Coma Palladino che, addirittura, "ama" i propri giocatori.
E’ il primo confronto tra i due per una sfida che una volta sarebbe stata definita di ’cartello’, ma che adesso è ’solo’ uno scontro tra squadre a pari punti al secondo posto. E’ vero che siamo solo a novembre, ma la partita ha e avrà un impatto altissimo per il prosieguo. La partita si gioca anche tra le due panchine. Ognuna secondo le idee dei due timonieri che partono da principi diversi– uno la linea a 3 difensiva, l’altro a 4, ad esempio – ma per certi versi uguali. Perché la ricerca della verticalità è un obiettivo di entrambi, ma l’Inter va per le vie centrali con terminali più propensi a giocare fronte alla porta; i viola invece possono sfruttare anche l’inverso, considerato che il Kean attuale garantisce entrambe le alternative. Lautaro e Thuram, fortissimi, se fatti ricevere spalle alla porta possono essere contenuti e ’gestiti’.
Dicevamo diversità. Detto della linea davanti ai due portieri (straordinari) i viola utilizzano il 4-2-3-1 che si muove a seconda della posizione di Adli e della corsa degli esterni, soprattutto Dodo che per caratteristiche e predisposizione offensiva va a creare superiorità dove in teoria l’Inter soffre di più: le zone laterali. Di contro Calhanoglu, Mkhitaryan e Barella sono i tre nodi cruciali dei nerazzurri che per fisicità e fraseggio creano non pochi problemi se non riesci a contrastarli anche sul piano fisico. Ecco perché serrare le file e tenere le linee compatte potrebbe essere un antidoto da non trascurare. Poi, come sempre, sarà la qualità dei singoli a decidere la sfida. E qui i due tecnici possono incidere ben poco.
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