TITTI GIULIANI FOTI
Firenze

"Zeffirelli era un mondo". Il ricordo dello scenografo Centolavigna

Grazie anche allo scenografo fiorentino in Oman è andato in scena il Rigoletto in prima mondiale, opera che sarà trasmessa venerdì 28 alle 21.15 su Rai5

Rigoletto in Oman, il grande successo

Firenze, 27 gennaio 2022 - "Quel che ho avuto da Franco Zeffirelli è stato talmente tanto che è difficile anche da raccontare. Perché ha cambiato tutta la mia vita". Carlo Centolavigna, nato a Roma ma da anni fiorentino di adozione, diplomato al liceo artistico e architetto, che ha cominciato la sua carriera come scenografo assistente del Maestro dal 1983 fino al 1998, per poi passare al ruolo di scenografo collaboratore, è uno storico braccio destro del grande regista fiorentino. Grazie anche a lui è andato in scena il Rigoletto in prima mondiale a Muscat, in Oman, opera che sarà trasmessa venerdì 28 gennaio alle 21.15  su Rai5 per il pubblico italiano e per gli italiani all’estero.

Centolavigna, che impresa è stata questo Rigoletto postumo? Anche se il Maestro aveva scritto tutto e già deciso la via abbiamo lavorato alla  risistemazione secondo i suoi input scritti e spiegati a poco tempo prima della morte con una lucidità unica al mondo. Come scenografo mi sono basato ovviamente sui  bozzetti del Maestro e sui suoi splendidi  modellini rielaborandoli secondo le sue chiare direttive. In pratica, in base  ai disegni esecutivi e ai suoi  elaborati abbiamo ricostruito quel che lui aveva lasciato già predisposto con le dovute misure. E con i  materiali giusti, come le famose  trasparenze.

Che sono la cifra caratterizzante il lavoro zeffirelliano. Esatto: dove l'impatto visivo è molto forte, come tutte le scenografie del maestro, di grande eleganza e rigore. Quinte e soffitti di Rigoletto ancora una volta sono tubi di plexiglas che entrano nella scena con un gioco di luci e trasparenze. Il tutto nel rispetto della tradizione dell'arte italiana, che ha sempre distinto i lavori di Franco Zeffirelli.

Le scene dove sono state ricostruite? Nei laboratori della Fondazione Arena di Verona e nei laboratori di Tecnoscena di Tivoli per la parte in vetroresina, come giustamente sottolinei, che è la cira dell'estetica zeffirelliana nell’opera. Poi, certo, la responsabilità è stata anche quella di guardare  bene che le proporzioni risultassero le più fedeli possibile a quelle del Maestro.

Com'è stato lavorare con Zeffirelli? Stare a contatto con lui è stato scoprire un mondo, crescere, capire, confrontarsi ma soprattutto imparare. Zeffirelli è stata  una persona unica, straordinaria e stimolante, giustamente esigente e fonte inesauribile di cultura non solo artistica. Era un uomo ricco di nozioni che capiva in profondità la cultura, sicuramente  prima di storici e studiosi e faceva continuamente riferimenti  a pittori e sculturi che  conosceva perfettamente. Stargli vicino per me è stata una crescita continua.

E uno stimolo. Molto. Educandomi alla sua visione con i suoi ritmi, con l’approfondimento e lo studio,  mi ha fatto entrare nel suo mondo e alla fine lavorare insieme diventava  più facile perché aveva fatto conoscere anche a me il mondo dell’arte di cui si nutriva.

E alla fine, costruire lavori così impegnativi? "Era molto soddisfacente, ogni qualsiasi cosa che diceva, aveva uno scopo preciso, una ragione di essere e tutto tornava ed entrava in un livello estetico molto alto: un'armonia visiva di proporzioni incredibili, uniche al mondo. Mi ha formato in modo completo, a cominciare dalla famosa Turandot del 1983 della Scala".

Un uomo indipendente che sapeva sorprendere. "Indipendente da tutto e da tutti, sorprendente. Un uomo con una visione dell'arte del melodramma e la capacità di condividerla e gestirla fin dai minimi dettagli. Un Maestro che non amava  come  raccontiamo che sia il suo lavoro,   e basta. Ma tutto quel che faceva e lo circondava. E che pensava oltre, ostinato, rigoroso, massimalista".