Grosseto, 25 luglio 2023 - Una battaglia lunghissima quella di Elena Improta, che sembra non avere fine. Una mamma, al dodicesimo giorno di sciopero della fame, perché condannata a risarcire 300mila euro di spese legali alla clinica romana Villa Mafalda, dove ha partorito e alla quale ha fatto causa nel 1996. Ventisette anni di processo per “tutelare il diritto alla vita e al futuro” di suo figlio Mario, per poi vedersi condannata a pagare un maxi risarcimento. Ma lei quei soldi non li ha. “E' una decisione punitiva e umiliante – spiega in uno dei video che ha pubblicato sui social – soprattutto per la condizione di vita di Mario”. “Non cerco colpevoli, ho sempre creduto nella giustizia e accettato le motivazioni, soccombo rassegnata”, dice, e aggiunge: “Non chiediamo l'elemosina, ma uno stralcio dell'ingente somma richiesta come rimborso delle spese legali alla clinica e alle controparti”. Elena sarebbe infatti in grado di saldare perlomeno una parte della cifra solo a fronte di mutui, prestiti o vendita delle case date in comodato d'uso gratuito al progetto la Casa di Mario dell'associazione ‘Oltre lo sguardo’, di cui è presidente.
Una battaglia lunga 32 anni
Elena Improta è romana, ma dopo che suo figlio “viene cacciato”, come lei stessa racconta in una lettera, da un centro diurno della capitale a causa della sua grave disabilità, considerata difficile da gestire, inizia a pensare di lasciare la città. Lo fa nel 2020, quando si trasferisce a Orbetello. Qui continua la sua battaglia, iniziata 32 anni fa, di cui 27 di processo. Mario è venuto alla luce il 18 novembre 1989. “Tutto si ferma, con la nascita di Mario. Mario, i suoi occhioni e i suoi riccioli biondini, le sue crisi epilettiche e la sua tetraparesi spastica. Mario da assistere 24 ore su 24. Mario ed Elena, disperata e abbandonata da un marito e un padre che non ha gli strumenti per stare al nostro fianco”, scrive la donna. Una mamma che non si arrende e che fa causa alla clinica perché qualcosa non va: la grave disabilità di Mario è legata al momento del parto. Lo dicono gli specialisti che consulta, in quanto nessuno, spiega, “ha messo in relazione lo stato di Mario con una possibile malattia rara”, ma “tutto conferma ragionevolmente un nesso tra il parto e la sofferenza ipossico ischemica, ovvero l'assenza di ossigeno”. Fa causa alla clinica nella quale ha partorito, ma il tribunale le dà torto: deve risarcire le spese legali, per un importo lievitato nel corso degli anni: 300mila euro. E' troppo. Venerdì 14 luglio inizia lo sciopero della fame. I suoi appelli alla clinica, alle assicurazioni, a chi può aiutare lei e Mario sono per ora caduti nel vuoto. Su change.org è stata lanciata una petizione, indirizzata al presidente della Repubblica Sergio Mattarella e alla presidente del consiglio Giorgia Meloni, che ha raccolto 5mila firme. “Dodicesimo giorno”, scrive Elena sul suo profilo Facebook. “Voglio ringraziare personalmente l'onorevole Marco Simiani per aver tentato ieri di aprire un dialogo con il presidente di Villa Mafalda a favore di Mario e mio per la sopravvivenza di un progetto di vita indipendente quale La Casa di Mario”.