Non è soltanto uno stato d’animo particolarmente sentito in questo periodo natalizio, ma anche un aggettivo, un superlativo femminile e perfino un nome proprio di persona: Felicissima.
In Maremma questo nome richiama soprattutto la storia di una bambina, morta crocifissa appena adolescente intorno al 313 d.c., fatta santa e fortemente legata alla comunità di Sorano.
A narrarlo è il carteggio epistolare del Settecento tra due cittadini soranesi, Giuseppe Leandri e Antonio Magnani, che racconta del ritrovamento del corpo di santa Felicissima nelle catacombe romane di San Ciriaco, trasportato e ricomposto nella chiesa soranese di San Nicola, il patrono cittadino.
La traslazione della salma sarebbe avvenuta con una cerimonia ufficiale il 2 ottobre 1772 e in quell’occasione venne appositamente eretto un altare con l’urna contenente la reliquia. Mantenutosi integro per tutto il XIX secolo, l’altare viene compromesso nel corso del Novecento. Negli anni ’70 le spoglie della Santa – ricomposte e ricostruite, con specifico riferimento al volto, grazie a particolari studi scientifici e digitali – vengono poste in una teca nella cappellina vicina all’altare maggiore, dove sono tuttora conservate.
Ancora oggi i soranesi sono profondamente devoti a Santa Felicissima Martire, in quanto protettrice dei bambini e invocata dalle giovani coppie per ottenere la grazia di avere figli.
Rossano Marzocchi