
Un patto tra L’Altra Città e le associazioni per accogliere e rendere dignitosa la vita degli stranieri. Caldelli: "L’inclusione passa sempre più dalla formazione". In 11 hanno seguito i corsi, poi l’assunzione.
GROSSETOBasta solo pensarci bene : se li aiuti e rendi la loro vita dignitosa, riesci automaticamente a far riemergere il sommerso ai margini della comunità. Ieri è stato firmato un nuovo patto sociale : la Carta dei valori. Questa formula vuole condividere una visione comune e un impegno da promuovere come buona pratica di comunità. Ma in cosa consiste e perché una carta dei valori? Lo ha spiegato Andrea Caldelli che é il direttore dell’agenzia formativa L’Altra Città. "L’inclusione delle persone che sono ai margini della comunità- dice - è necessario che passi sempre più attraverso iniziative di economia civile piuttosto che, in una cornice di legalità e di economicità, tengano insieme il tema del lavoro e dell’housing. Non si tratta più di una questione di solidarietà, ma di giustizia: un lavoro in una cornice di legalità e con una remunerazione giusta; una casa dignitosa ad un giusto canone di affitto; una formazione che sviluppi competenze per il lavoro ma anche competenze di cittadinanza per essere parte della comunità in cui si è inseriti. Per questo motivo quattro organizzazioni, due di natura for profit e due non profit, hanno sperimentato un primo approccio che mettesse insieme queste riflessioni. Un piccolo esempio da modellizzare e sviluppare con l’aiuto di quanti ne condividano le basi e la filosofia. Dove sono sono questi ragazzi c’è un modello inclusivo, c’è molto di loro nello spirito che hanno". "Raramente facciamo progettazione, siamo abituati a fare beneficenza - afferma don Enzo Capitani, presidente della Fondazione L’Altra Città - invito ad ognuno di noi a fare il suo. Con la carta vorremmo che gli imprenditori (forze produttive) siamo in questa direzione: solo il lavoro serve per aiutare ad uscire dal sommerso, ma soprattutto dalla povertà. È qui che entra in merito l’altra città per formare le persone, l’impegno della formazione va contro il sommerso. Il lavoro deve servire per mantenere la persona non per ucciderla. Attualmente la fondazione ha 3 appartamenti affittati, poi ha affittato una casa ad operai che lavorano, più quattro spazi abitativi che mette a disposizione Caritas per 26 famiglie. "Credo sia necessario - dice Simone Castelli, presidente dell’azienda agraria Podere 414 - provare a fare del proprio meglio all’interno del proprio lavoro. Non sto facendo un favore a nessuno, ci stiamo aiutando con questi ragazzi. È uno scambio alla pari. Non faccio beneficenza, non può essere sostenibile. Vogliamo il successo di questa iniziativa, non che rimanga con due aziende come adesso sennò sarebbe un fallimento. Però voglio chiarire un aspetto agli imprenditori: perché devono capire che questi ragazzi devono essere pagati come qualsiasi italiano". "Lavoriamo nel campo edile - spiega Domenico Colella, legale rappresentante dell’azienda La dimora srl - la richiesta di manodopera è andata in crescita rispetto a quella che c’era a disposizione. Questo progetto funziona benissimo, abbiamo inserito 7 ragazzi educatissimi e volenterosi. Lavoriamo su commissioni, sono richieste diverse dal campo agricolo. Specifico che c’è ancora toppo pregiudizio ancora, va abbattuto per poter lavorare e far inserire queste persone nel tessuto sociale. C’è ancora una mentalità molto chiusa".
Maria Vittoria Gaviano