Le condizioni della laguna di Orbetello iniziano a preoccupare. Le temperature in aumento e la presenza di alghe hanno iniziato a reagire insieme nel peggiore dei modi in diverse aree dello specchio acqueo che circonda la cittadina di Orbetello. Le premesse non suono buone, e non siamo ancora neppure a giugno. Secondo il biologo Mauro Lenzi, l’ideatore del metodo di risospensione delle alghe che avrebbe dovuto contribuire ad alleviare il problema (ma che di fatto non è mai stato applicato nei tempi e nei modi indicati dall’esperto), si stanno già verificando le prime anossie. L’ossigeno, in poche parole, inizia a mancare. Tutto questo mentre sta per scadere l’accordo di programma tra Comune e Regione, che coprirà appena l’estate, fino a settembre. Sul futuro, niente. L’ente laguna è scomparso dai radar, le risorse sono agli sgoccioli, la gestione ordinaria che avrebbe dovuto seguire allo stato d’emergenza, a dieci anni dalla fine di un commissariamento durato vent’anni, ancora non esiste. E tutto questo continua a mettere a rischio la sopravvivenza della laguna e anche tutto ciò che ruota intorno ad essa, iniziando dalle attività produttive.
Grosseto, 25 maggio 2022 - «Sono bastati un po’ di caldo e qualche giorno di scirocco e già i segni premonitori della crisi estiva si sono manifestati. E siamo ancora a maggio». Per niente rassicuranti, le parole del biologo Mauro Lenzi descrivono una situazione che potrebbe precipitare da un momento all’altro. Tutto dipende dal clima. Ancora una volta. Come se i vari interventi fatti dall’uomo negli ultimi trent’anni (venti di commissario e dieci di accordo di programma) non avessero cambiato di una virgola lo stato delle cose.
«Se si scorre sul lungolago di Ponente – afferma Lenzi – si osservano le masserelle di alghe ricoperte di un bel rosa e osservando dal cavalcavia l’ansa di Orbetello Scalo, un’area parzialmente chiusa di dieci ettari, le acque appaiono completamente rosa». E non è un buon segno: «Sono i batteri solfo-ossidanti, come Thiobacillus denetrificans, e batteri purpurei come Thiocapsa roseopersicina. Segno che l’attività batterica dei solfato-riduttori è già ben avviata».
Dopo la lunga stagione dell’emergenza, la gestione è passata a un accordo di programma tra Comune e Regione (lo Stato, nel frattempo, si è defilato), che ha potuto contare anche su risorse ereditate dal commissario, ma senza niente di definitivo. Dopo la morìa del 2015 il Comune ha consegnato il timone alla Regione, che adesso è l’ente dal quale deve passare ogni decisione, con il risultato che il Comune e le aziende del territorio, in primis la Cooperativa dei pescatori, senza il via libera di Firenze non possono fare niente.
«L’ambiente lagunare di Orbetello non è gestito ormai da anni – afferma Lenzi –. È vero che certe situazioni meteoclimatiche è difficile pararle, ma è pur vero che un costante e corretto intervento, in entrambe i bacini lagunari, può contrastare in buona misura anche certe situazioni climatiche molto critiche. Si sono impegnate molte risorse, senza ancora aver visto risultati, sulla gestione idraulica della laguna, quando una tale gestione è complessa e onerosa e molto probabilmente non in grado di contrastare le criticità, perché siamo in un ambiente di basso fondale».
La risospensione dei sedimenti avrebbe dovuto evitare, o quantomeno ridurre, la formazione di alghe. Ma non è andata così. «Sono anni ormai che i battelli sono due, occasionalmente tre, e che lavorano in periodo estivo – spiega Lenzi – quando dovrebbero starsene fermi o intervenire per contrastare condizioni estreme di rilascio di gas tossici dal fondo, mentre la massima efficacia, sia per la raccolta delle alghe che per la ossidazione dei sedimenti, si otterrebbe in autunno e in inverno». Mezzi inadeguati e tempi sbagliati.
«In queste condizioni – continua il biologo – non si può affermare che venga fatta né la raccolta né la risospensione. Gironzolare senza un piano programmatico con soli due battelli non consegue il risultato di ossidare i sedimenti, né raccogliere seicento tonnellate di alghe risolve il loro sviluppo abnorme, se consideriamo che di tonnellate ce ne sono oltre 60mila». «Occorre – conclude Lenzi – investire in mezzi idonei, leggeri, studiati allo scopo e in un numero sufficiente a gestire i due bacini contemporaneamente. E questo è un vecchio problema che da anni viene rimarcato e mai affrontato».