
Sala operatoria
Grosseto, 31 maggio 2015 - Benché ancora molto giovane, Nunzia, aveva perso le speranze di poter stringere tra le braccia un figlio. Di coronare il sogno di diventare madre. Poi è arrivato Giuseppe, il 13 febbraio scorso, e il suo sorriso ha illuminato anni bui, costellati di sofferenze. Di ricoveri in ospedale e cure continue, da quando aveva tredici anni. Oggi Nunzia, grossetana di 26 anni, è felice. "E’ il mio miracolo questo figlio – ci racconta – All’età di tredici anni sono stata operata di ganglioneuroma pelvico, di diciotto centimetri, collocato tra l’osso sacro e la colonna vertebrale. Mi hanno asportato questa massa riducendola a 13 centimetri, non potendo andare pù a fondo, perché attaccata ai nervi della schiena. Sono tredici anni che convivo con questa massa fortunatamente senza nessun problema". Nessun problema particolare, fino a quando non ha cominciato con il marito a desiderare un figlio.
"Il problema è arrivato l’anno scorso – prosegue la giovane madre – Dopo circa un anno che io e mio marito stavamo cercando la cicogna, iniziai a sottopormi a vari esami che ogni donna effettua, tra cui l’isterosalpingografia, ovvero il controllo delle tube, per accertarmi che queste ultime fossero aperte. Il 6 febbraio 2014 sono andata in ospedale per effettuare l’esame.Tutto bene. Indolore, ma da una tuba il liquido che mi iniettarono fuoriuscì e dall’altra no. Il giorno dopo iniziai a sentirmi male.Vomito, febbre a quaranta, tremavo e non riuscivo a reggermi in piedi.Fui portata al pronto soccorso da mio marito e dopo vari accertamenti e tre giorni di ricovero,i medici mi dissero che c’era un’infezione, che la tuba aveva trattenuto questo liquido, ingrossandola. Fui dimessa dall’ospedale con una cura da effettuare a casa. Ma intanto io stavo ancora male".
A questo punto iniziano gli incontri con i medici-angeli custodi che Nunzia non smetterà mai di ringraziare. "Fu grazie ad una ginecologa, Rita Puzzuoli, che volle rivedermi dopo un paio di giorni. Purtroppo quel liquido era rimasto ancora all’interno della tuba, ingrandendola ancora di più. Il giorno dopo, mi prese appuntamento con un altro medico ginecologo sempre dell’ospedale Misericordia di Grosseto, Stefano Tamburro. Lui capì che la situazione non era delle migliori, sia per l’infezione che stava via via aumentando, sia per il problema che ho da anni. L’unica soluzione era operarmi per asportare la tuba prima che l’infezione potesse espandersi e danneggiare anche l’altra".
Ventuno giorni dopo la visita, Nunzia fu sottoposta all’intervento chirurgico. "Mi fu asportata la tuba – racconta ancora – E per fortuna l’altra non era stata danneggiata. Ho sempre avuto il terrore degli ospedali e dei medici proprio perché purtroppo troppe volte ne ho avuto bisogno. E non mi era mai accaduto di affidarmi a un medico che nemmeno conoscevo. Ma questo dottore era diverso da tutti quelli che avevo incontrato. Non so, ma nei suoi occhi ho visto tanto, e non mi sbagliavo. Dopo circa un mese andai al controllo. Le cose proseguivano bene, dopo l’intervento, ma la strada era lunga e tortuosa. Decidemmo, comunque, di provare ad avere un bambino, nonostante tutto. Nonostante quest’enorme massa che faceva parte di me. Ero agitata e con pochissime speranze".
C’era però quella fiducia istintiva, spontanea nel dottor Tamburro a fare coraggio a Nunzia. "La paura era tanta, ma il desiderio ancora di più – conclude la giovane madre – E poi c’era il dottore con me. Lo stesso che un mese prima mi aveva salvato la vita. Se non fosse stato per lui forse non avrei potuto neanche raccontare questa storia. Dopo due mesi rimasi incinta.Non ci credevo. Avevo paura, tanta paura. Ma l’unica cosa che mi faceva andare avanti e riempire il cuore di gioia, era proprio quell’esserino che viveva dentro di me. Sono stati nove lunghi mesi. Il 13 febbraio scorso è nato Giuseppe. La mia vita, la mia gioia, il mio miracolo. Credo anche che lungo la tua vita devi incontrare le persone giuste al momento giusto. E io quella persona l’ho incontrata: Stefano Tamburro. E’ solo lui che devo ringraziare se adesso stringo mio figlio in braccio".