
Don Enzo Capitani
"Abitare la notte". No, non è lo slogan di chi fa le ore piccole per divertimento, ma il nome di un progetto di solidarietà per gli "invisibili" del territorio. I clochard, per dirla in un modo che forse disturba meno il quieto vivere delle coscienze. Ma non è il "titolo" che può cambiare il contenuto del libro che contiene le storie non scritte delle loro vite. Certo, qualcuno quella vita se l’è scelta, ma per tanti – la maggioranza – in quella vita ci è precipitato e il fondo è talmente in basso che risalire con le proprie forze non è possibile. E quando sei laggiù è già tanto, se dal vivere riesci a sopravvivere.
"Abitare la notte" è il progetto nato da poco più di un anno grazie all’iniziativa di Caritas e che ha fatto mettere in rete Cisom, Associazione Isaia, Azione Cattolica, Ceis i cui volontari portano conforto a chi si trova in quegli abissi, a chi arranca, a di chi non ha avuto la capacità di reagire alle batoste della vita, a chi ha scelto un’esistenza disordinata, a chi è rimasto solo. Ogni sera un gruppo di volontari esce intorno alle 19.30, partendo da Caritas, dove nella cucina alcune volontarie preparano un pentolone con una pietanza calda.
Un caso emblematico viene citato per ricordarli tutti: quello di Reinhard Schmidt, il clochard che aveva come "casa" la cabina telefonica di piazza De Maria e come giaciglio la panchina lì a fianco. Non ha più neanche questo, perché i lavori di rifacimento dell’area hanno portato via tutto. Ha trovato un’altra panchina, in via Inghilterra.
"Caro Reinhard ti aspettiamo – dice il direttore di Caritas don Enzo Capitani –, non sappiamo adesso quale casa sceglierai. Tra i tanti che abitano la notte sei l’unica fiammella di speranza perché ci indichi che abiti la notte senza disturbare nessuno, senza avere pretese. Ben ritorno da noi (visto che è stato ricoverato alcuni giorni). Questo è il senso del progetto. Dobbiamo catalizzare il pensiero sul fatto che sono persone, ma non hanno bisogno solo di pasti caldi (che sono importanti) ma coccole, carezze, e la possibilità di parlare. Qualcuno lo incontro poi alla Caritas, ma ad esempio a Grosseto abbiamo mai fatto un’indagine su quanti sono i senza fissa dimora?". "Il fine è cercare non solo quanti sono ma chi sono – dice don Claudio Bianchi –. In media tra gennaio e febbraio abbiamo consegnato 35 pasti con punte di 45. Alla Caritas anche 100 pasti. Adesso diamo 7-8 colazioni, ma non li troviamo sempre nello stesso posto. Ci sono tante attività commerciali che ci donano l’invenduto".
Maria Vittoria Gaviano