REDAZIONE GROSSETO

Lotta in nome di suo figlio Continua lo sciopero della fame "Giustizia per la Casa di Mario"

Elena Improta prosegue nella sua protesta davanti a Montecitorio dopo aver perso la causa con "Villa Mafalda". Ha scritto una lettera a Mattarella e Meloni: "Non mi hanno risposto". In tre giorni raccolte quasi 4mila firme.

Lotta in nome di suo figlio  Continua lo sciopero della fame  "Giustizia per la Casa di Mario"

Lotta in nome di suo figlio Continua lo sciopero della fame "Giustizia per la Casa di Mario"

Prosegue a tappe forzate lo sciopero della fame di Elena Improta, fondatrice della Casa di Mario, presidente della Onlus "Oltre lo sguardo Aps" che si trova ad Orbetello. La donna si trova a Roma, a Montecitorio, dove sta portando avanti la sua protesta. "Trentaquattro anni fa, Elena dette alla luce suo figlio Mario in un parto a rischio, a Villa Mafalda di Roma – inizia la lettera che Elena Improta ha scritto al presidente della Repubblica Mattarella e al primo ministro Meloni –. Più di un’ora di documentazione riguardante il monitoraggio fetale è scomparsa: fu un parto difficile, manovre rischiose fatte sulla mamma e sul bambino. Dopo varie perizie, si confermò ragionevolmente il nesso tra il rapporto della sofferenza ipossico ischemica e l’assenza di ossigeno, con la condizione di Mario. Ma non il nesso di negligenza dei medici e della clinica". La lettera prosegue spiegando chiaramente quello che è successo: "Elena aveva 26 anni e al figlio gli fu diagnosticato con certezza che sarebbe mai riuscito a parlare, non camminerà e non vivrà senza il suo supporto. Mai. Parte dunque la causa a Villa Mafalda, ma comincia anche a muoversi nel percorso di diversità sempre insieme a suo figlio: scaturisce una visione che si concretizza nella creazione della Onlus ‘Oltre lo Sguardo’ e nella scelta di Orbetello come luogo di insediamento della Casa di Mario. Un luogo colorato, aperto a tutti quelli che vogliono portare un sorriso, una collaborazione, un posto che offre lavoro a educatori, psicologi e collaboratori". Poi aggiunge: "Dopo 27 anni però la causa con "Villa Mafalda" viene persa: Elena Improta dovrà pagare 276 mila euro per le spese legali. Una cifra lievitata con il passare degli anni, che Elena non ha. Per assistere suo figlio ha rinunciato al lavoro. Il futuro parla anche di pignoramenti: la ‘Casa di Mario’ rischia dunque di chiudere e tutti i ragazzi disabili, le persone adulte non autosufficienti che qui hanno trovato una situazione di vita accettabile, non saprebbero più dove andare".

"La Casa di Mario deve vivere – aggiunge Elena Improta –. Impediamo che venga commessa una grave ingiustizia". Sono oltre 3.600 le firme raccolte nella petizione lanciata da Change.org e che in pochi giorni raggiungerà sicuramente il tetto delle 5mila sottoscrizioni, il massimo a cui può arrivare. Un numero che fa capire come questa vicenda abbia smosso le coscienze di tanta gente in ogni parte d’Italia. E infatti Elena Improta vuole andare questa volta fino in fondo. "Dopo 5 giorni di protesta – ha concluso – non abbiamo avuto risposta, né dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, né dal primo ministro Giorgia Meloni. Continuerò il mio digiuno fino a quando non avrò un riscontro da parte delle autorità giudiziarie".