MATTEO ALFIERI
Cronaca

Mafia, l’attenzione è alta. La Maremma per ora regge: "Ma il rischio resta elevato"

Secondo la Cgia di Mestre sono 429 le aziende attenzionate sul territorio. Questi gli ultimi dati sulle presunte infiltrazioni della criminalità organizzata . Renzetti (Cgil): "Il lavoro è poco. Agricoltura e turismo sono i settori delicati".

GROSSETODue punti di Pil. E’ il volume d’affari annuo delle mafie italiane che si aggira attorno ai 40 miliardi di euro l’anno. Una cifra spaventosa che consente di "dimensionare" la portata del fenomeno: il fatturato dell’industria del crimine risulta essere ipoteticamente al quarto posto a livello nazionale. A dirlo è l’ufficio studi della Cgia di Mestre. E la Maremma? Non è immune, anche se la situazione non è terribile. Sono 429 le aziende in Provincia di Grosseto (su 25.824) ritenute a rischio di infiltrazioni mafiose. Una stima che porta la Maremma al 72esimo posto in Italia, al terzultimo in Toscana, dove però la percentuale è più o meno la stessa, tra l’1 e il 2%, con l’unica eccezione di Prato. A Firenze le imprese sono molte di più (89026) e in proporzione aumentano anche quelle a rischio (1478), portando la città al 21esimo posto in classifica. Prato è 43esima con oltre 29mila 200 imprese di cui 811 a rischio (soglia 2-3 per cento). Pisa è al 54esimo posto, Lucca al 55esimo. Poi Arezzo, Livorno (69esimo), Pisa (70esimo).

Estorsioni. Ma c’è anche un dato che preoccupa: che è quello delle denunce per estorsione: la provincia di Grosseto è passata in dieci anni (dal 2013 al 2023) da 19 a 44 denunce (+131%) che fa posizionale la Maremma al 21esimo posto in Italia e al 4° in Toscana. Gli ambiti criminali in cui le mafie fanno business sono numerosissimi: dal narcotraffico, al traffico d’armi, lo smaltimento illegale dei rifiuti, gli appalti pubblici, le scommesse clandestine, il gioco d’azzardo, l’usura, il contrabbando di sigarette e la prostituzione. Tra le attività esercitate da queste consorterie malavitose, le estorsioni sono quelle più remunerative e le vittime di questo reato sono, quasi esclusivamente, imprenditori. "I numeri vanno letti bene". Inizia così Claudio Renzetti, referente regionale Cgil del Dipartimento legalità e referente anche per la contrattazione sociale e territoriale della provincia di Grosseto. "Il nostro territorio - aggiunge - ha pochissime attività produttive anche perchè molte imprese sono individuali. Queste spesso nascondono lavoro subordinato. Ovvero, si prende la partita Iva per pagare meno i dipendenti. Quindi poche imprese e poco lavoro. Il 72esimo posto di Grosseto va calato dunque in quel contesteo". Ma il rischio c’è. "Esatto - aggiunge - soprattutto sulle località lungo la costa. Abbiamo avuto episodi che evidenziano il rischio è presente e non va sottovalutato". Ma ci sono anche altre aree a rischio concreto: tipo l’agricoltura dove il capolarato si annida.

"I punti di penetrazione su cui bisogna stare attenti sono gli appalti e quello del lavoro dove ci sono cambi di proprietà improvisi. Tutto naturalmente legato all’accesso al credito. Ma anche allo sfruttamento legato al lavoro". Renzetti però va oltre: "Non esistono territori immuni ma Grosseto, quando si è trattato di combattere il caporalato puro, ha dimostrato avere un sufficiente numero di anticorpi. Bisogna continuare a lavorarci ma c’è una componente sana che in qualche modo tende a fare massa. E poi non va dimenticata una tradizione di un legame solido di rapporti tra prefettura e questura che hanno saputo sviluppare con il tessuto associativo". Una situazione dunque da sviluppare. "Abbiamo presentato per il 2025 - chiude Claudio Renzetti - insieme agli altri sindacati anche una piattaforma per combattere le infiltrazioni mafiose. Già sottoscritta con la provincia e approvata dall’assemblea dei sindaci, adesso inizieremo il giro dei Comuni per andare a firmarla: chiediamo un passo avanti verso il giusto contratto, il subappalto a cascata. Si tratta dunque di un altro tassello importante per garantire la legalità".

Matteo Alfieri