MATTEO ALFIERI
Cronaca

Bimbi chiusi al buio se piangevano: ecco il ‘metodo’ dell’Albero Azzuro

Grosseto, in alcuni casi anche schiaffi ai piccoli. Le motivazioni della sentenza

Alcuni genitori dei piccoli dell’«Albero Azzurro» durante la protesta inscenata prima della sentenza

Grosseto, 19 giugno 2018 - Quando c’era un bambino che piangeva, la titolare lo prendeva, strattonandolo e lo rinchiudeva in una stanza al buio. Il tutto accompagnato da un tono di voce immotivatamente alterato. Senza dimenticare offese gratuite e schiaffi. E’ il famoso metodo «Azzurriano» che è costato due anni per le titolari dell’asilo Albero Azzurro di Grosseto, Azzurra Marzocchi e Manuela Seggiani.

Un anno e mezzo per le altre due maestre, Costanza Mori e Alessia Berti. Tutte e quattro condannate per i maltrattamenti ai danni dei piccoli che frequentavano la struttura che si trova in via Tintoretto. Tutte e quattro sono state invece assolte (il fatto non sussiste) dal reato di abbandono di minore. Le motivazioni che hanno portato alla condanna delle maestre sono scritte nelle quarantaquattro pagine scritte dal giudice Marco Mezzaluna che ha rispettato le richieste della Procura.

Secondo il Gup il metodo «azzurriano» è stato scoperto «grazie alla testimonianza di due maestre che avevano lavorato nella struttura». Racconti questi che hanno dato il là alle operazioni di «intercettazione che sono state autorizzate ben un anno prima del blitz della polizia nell’asilo che accoglieva i bimbi tra un anno e mezzo e due anni e mezzo circa».

«Quanto registrato dalla polizia giudiziaria – prosegue il giudice – ha evidenziato specifici metodi di educazione e correzione posti in essere non solo da Azzurra Marzocchi ma anche da Lisa Marconcini, Pierina Tinti, Alessia Berti e Costanza Mori, collaboratrici dell’asilo, caratterizzati da urla, piccoli buffetti, al fine di rafforzare il comando, ma anche cibo infilato a forza in bocca per bambini poco collaborativi». Eccessi, quindi che il giudice spiega anche dopo l’interrogatorio di Azzurra Marzocchi «che ha ammesso l’esistenza di eccessi nella gestione».

Situazione peggiorata quando «sgombrando il campo da ogni sospetto – scrive il giudice Marco Mezzaluna – le intercettazioni hanno rafforzato l’attendibilità di quanto riferito dalle due ex dipendenti. Si può quindi parlare di un clima generale che vigeva all’interno dell’asilo, che favoriva l’approccio aggressivo nei momenti più problematici quando i bambini facevano le bizze, in genere durante i pasti. Si è trattato in altri termini di una modalità di approccio ai bambini anche in tenera età che, sollecitato e messo in atto dalle due titolari, veniva recepito ed applicato dalle altre coimputate, come dimostrato dalle riprese».

Secondo il giudice, comunque «dalla visione dei filmati si è visto che, accanto alle condotte illecite, tutte sorte in momenti di particolare stress, non sono mancati momenti di serenità e i bambini apparivano tranquilli».

Un quadro probatorio «congruo ed esaustivo – chiude il gup Mezzaluna – tenuto conto della provenienza diversificata delle fonti di prova. Nella quantificazione della pena si deve, tuttavia, tener conto del diverso ruolo avuto nella vicenda dalle due titolari rispetto alle due educatrici, spesso spinte ad adottare per emulazione condotte rudi e autoritarie e dalla conseguente diversa intensità del dolo che ha caratterizzate le condotte». Le insegnanti sono state anche condannate a risarcire i danni in separata sede.