Omicidio, tracce nelle telecamere

Dopo il fermo scatta l’arresto per Filippo Guerra. Tra le accuse anche rapina e porto abusivo d’armi .

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Si chiama Filippo Guerra ed è nato 46 anni fa a Grosseto. E’ single e lavora come impiegato in una ditta privata nel capoluogo maremmano. E’ stato lui, secondo l’accusa, a tirare il grilletto del fucile da caccia uccidendo, con un colpo alla testa, Dakir Abdelilah, il marocchino di 22 anni trovato morto con il volto sfigurato in una strada vicinale nella zona delle Chiocciolaie giovedì 20 agosto. Ieri sera il Gip Giovanni Muscoguri ha convalidato l’arresto e l’uomo rimarrà nel carcere di Massa Marittima. Rapide e precise le indagini della Mobile coordinate dal sostituto procuratore Giampaolo Melchionna. Gli inquirenti hanno indirizzato le loro attenzioni su quest’uomo che è partito da casa, per andare nella strada dove si spacciava droga, con il fucile del padre, a bordo della sua Fiat Panda. Un delitto che è stato commesso al culmine di una discussione. Di fronte al pm Giampaolo Melchionna l’uomo avrebbe fatto qualche flebile ammissione, anche perché le prove a suo carico sarebbero schiaccianti. Oltre che a diverse segnalazioni che sono arrivate da quel mondo fatto di degrado e criminalità diffusa, l’auto di Guerra sarebbe stata ripresa dalle telecamere della videosorveglianza che sono state installate dal Comune proprio nella zona delle Chiocciolaie, come deterrente ai continui furti. Guerra, nel lungo interrogatorio, ha dunque anche ammesso di essere andato lì, ma non ha ammesso di aver sparato volontariamente a quel ragazzo con cui abitualmente faceva affari. Secondo Melchionna però, ci sarebbero pochi dubbi su come sia andata quella giornata, che si è conclusa con un omicidio efferato: Guerra, per motivi che secondo la Procura vanno ancora appurati, avrebbe preso il fucile da caccia del padre (regolarmente detenuto), lo ha caricato e lo ha messo in auto. Poi si è diretto verso Cernaia, luogo che conosceva perché saltuariamente, come ha confessato durante l’interrogatorio prima del fermo di polizia, consumava droga, cocaina e hashish. Che comprava proprio da Dakir. Una volta sceso dall’auto e arrivato nella zona di spaccio, avrebbe esploso il colpo che ha colpito alla testa il pusher e poi un altro, come raccontano i due bossoli trovati sul luogo del delitto. A quel punto si sarebbe allontanato. La Procura contesta all’uomo, oltre che l’omicidio premeditato, anche la rapina e il porto abusivo di arma. La rapina perché nel cadavere di Dakir non sarebbero stati trovati i telefoni cellulari e nemmeno il marsupio contenente il denaro che aveva con sé.

Matteo Alfieri