Dopo che il 16 dicembre la Cassazione ha accolto la richiesta di estradizione arrivata dall’Albania per l’imprenditore ed ex arbitro di calcio della sezione di Arezzo Davide Pecorelli, lui attende ancora dalla sua casa di San Giustino umbro la decisione del Ministro dell’Interno sull’eventuale arresto. Cioè che il guardasigilli Nordio si comporti con lui come con l’ingegnere iraniano Abedini, per il quale non ha concesso l’estradizione reclamata dagli Usa. Come è noto, Pecorelli – dopo la sentenza di primo grado emessa nei suoi confronti in Albania (in attesa di quella definitiva di secondo grado) – è stato condannato a 4 anni per truffa aggravata con i magistrati italiani che hanno da poco dato l’ok all’estradizione. E secondo l’ordinamento Nordio può chiedere ai giudici di bloccare il provvedimento e chiedere anche la revoca della custodia cautelare. Per il 49enne padre di quattro figli sono giorni di attesa, visto che da un momento all’altro la sentenza della Cassazione del 16 dicembre potrebbe essere operativa con l’arresto e la successiva estradizione nei tempi previsti per legge. "Mi appello al Guardasigilli – afferma Pecorelli – Dall’Albania vengo accusato di reati sicuramente minori rispetto ad altri casi, peraltro nel Paese delle aquile ancora non c’è stato il secondo e definitivo grado sulla mia vicenda. Non credo di meritare quella pena, laggiù non ho commesso nulla di grave, peraltro ho pure risarcito chi mi aveva noleggiato l’auto incendiata…". Il tentativo di inscenare la propria morte per mascherare i debiti accumulati in Italia, il ritrovamento sulle sponde dell’isola di Montecristo dopo mesi dalla scomparsa. Quella di Davide Pecorelli è stata sicuramente un’uscita di scena (con ritorno) soprattutto folkloristica da non giustificare però questo accanimento giudiziario tra Albania e il nostro Paese.
CronacaPecorelli sul sì all’estradizione: "Mi appello a Nordio come Abedini"