
Tutto da rifare per il processo che ha visto alla sbarra sette imputati con accuse molto gravi, in Appello sentenza annullata
GROSSETOTrentanove udienze in due anni, 60 testimoni, sette imputati. Un processo, a carico del commercialista Evans Capuano, iniziato nel 2018 con le richieste di rinvio a giudizio a seguito dell’inchiesta svolta dal Dda di Firenze e che riguardava i reati di estorsione con l’aggravante del metodo mafioso (poi tolto), minacce, danneggiamento, incendio, lesioni, furto, corruzione e porto abusivo di pistola. Addirittura il Comune di Follonica si costituì parte civile, assistita dall’avvocato Alessandro Antichi. La Corte di Appello di Firenze, però, ieri ha annullato la sentenza. Il processo si rifarà. La motivazione? La sentenza è stata letta senza la preventiva camera di consiglio. Il collegio, composto dalla presidente del Tribunale Laura Di Girolamo, dai giudici Adolfo Di Zenzo e Alberto Lippini condannò tutti a pene tra i 12 anni, quelli inflitti al commercialista follonichese, e i 2 anni. Gli avvocati degli imputati avevano fatto ricorso alla Corte d’appello. Il primo motivo riguardava una questione di procedura: la mattina della lettura della sentenza, non essendoci state repliche da parte della Procura alla discussione che si era conclusa all’udienza precedente, il Collegio aveva letto la sentenza di condanna senza prima ritirarsi in camera di consiglio. Gli avvocati se n’erano accorti subito e - tra gli altri motivi del ricorso in appello - avevano segnalato ai giudici fiorentini proprio il mancato ritiro dei giudici in camera di consiglio. Subito dopo la lettura della sentenza, nel 2020, l’allora sindaco di Follonica Andrea Benini espresse la propria soddisfazione per le decisioni dei giudici. "Una sentenza esemplare – disse Benini, che si era appena insediato per il secondo mandato – una forte condanna da parte del Tribunale, nella quale non è stato riconosciuto l’aggravante del metodo mafioso, motivo per il quale il Comune di Follonica nel 2018 si era costituito parte civile. Ma questo non toglie nulla alla gravità dei fatti compiuti e alla portata criminale, riconosciuta dal Tribunale e conseguenza di condanne assolutamente significative, essendo stato riconosciuto il grave sistema estorsivo". Metodo mafioso che non era stato poi contestato come aggravante dal Tribunale. Lo avevano spiegato i giudici Di Girolamo, Di Zenzo e Lippini nelle 400 pagine di motivazione nelle quali si diceva che "non è stata individuata alcuna associazione a delinquere di tipo mafioso".