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Produzione di cereali. L’allarme della Cia: "Il settore è ormai in caduta libera"

Il presidente Claudio Capecchi: "E’ necessario trovare soluzioni praticabili. Dobbiamo intervenire lungo tutta la filiera, puntando sull’innovazione e sul miglioramento dei rapporti commerciali".

Produzione di cereali. L’allarme della Cia: "Il settore è ormai in caduta libera"

Claudio Capecchi (Cia)

La produzione dei cereali in Maremma è in crisi e i numeri relativi alla coltivazione di grano duro lo testimoniano. L’allarme è stato lanciato dalla Confederazione Italiana Agricoltori (Cia). Negli ultimi anni la situazione della cerealicoltura in Italia ha mostrato una forte flessione, con dati allarmanti sia a livello nazionale che in Maremma, dove in alcune zone si stima che quasi il 50% dei terreni non venga più coltivato a causa dei costi elevati e delle condizioni climatiche sfavorevoli. Solo nel 2022 in Provincia di Grosseto gli ettari non coltivati sono stati 14mila. Una crisi di cui si è molto dibattuto durante il convegno grossetano "Innovare e rafforzare la filiera per dare il giusto valore e remunerazione alla produzione cerealicola" a cui hanno partecipato numerosi agricoltori, dirigenti Cia regionali e tecnici di settore.

"È significativo e allarmante – spiega Claudio Capecchi, presidente Cia Grosseto – constatare come, per il settore cerealicolo, le ultime due annate favorevoli siano state influenzate principalmente dalle conseguenze della pandemia e da fattori geopolitici, in particolare dalla crisi ucraina, piuttosto che da elementi intrinsecamente legati all’agricoltura. Da allora, il settore è in caduta libera". Puntare sull’innovazione e andare a migliorare i rapporti commerciali sono due strade che per Capecchi vanno necessariamente percorse: "Dobbiamo intervenire lungo tutta la filiera – ha proseguito il presidente di Cia –. Importante è garantire un reddito equo agli agricoltori per preservare non solo una cultura produttiva, ma anche il territorio e stimolare l’economia locale. Tuttavia – avverte Capecchi – non si può essere competitivi senza rinnovare; per farlo sono necessari finanziamenti, ma oggi le istituzioni finanziarie spesso non facilitano l’accesso al credito per il nostro settore". Per Cia bisogna insomma invertire la rotta e questo vuol dire anche rivedere necessariamente i costi di produzione: "C’è poi la necessità di ridistribuire le marginalità all’interno della filiera – spiega Capecchi –. La cerealicoltura ha una lunga storia nella nostra provincia e la sua vitalità non riguarda solo la singola azienda". il suo abbandono rappresenterebbe un grave problema per tutto il territorio. Insomma la diminuzione delle coltivazioni di grano duro è preoccupante, dal 2010 ad oggi si è praticamente dimezzata. Riguardo invece alle alternative per i terreni non utilizzati a cereali, Capecchi ha spiegato che: "Le produzioni cerealicole e zootecniche associate per la riduzione dei costi e una complementarietà potrebbero rappresentare una soluzione". C’è anche da evidenziare un altro aspetto, anche la zootecnia oggi affronta difficoltà significative ecco perché trovare un’alternativa è davvero complesso ed ecco perché la speranza di Claudio Capecchi è che le istituzioni raccolgano il grido d’allarme lanciato da Cia Grosseto e Cia Toscana.

Nicola Ciuffoletti