REDAZIONE GROSSETO

Quattro anni di inibizione per Tarsi

La decisione del Tribunale Nazionale Antidoping nei confronti del medico sportivo maremmano

Quattro anni di inibizione. Sono quelli che ha ricevuto dal tribunale Nazionale Antidoping Daniele Tarsi, medico sportivo grossetano. Tarsi, originario di Castiglione della Pescaia, è stato inibito fino a tutto il 13 gennaio del 2025. Medico sportivo molto conosciuto, per anni ha lavorato per squadre professionistiche di ciclismo di primissimo piano fra cui la Gis, Mercatone Uno, Refin, Casino, Ballan, Lampre e Saeco. Ha partecipato, come medico accompagnatore, a moltissime gare a livello nazionale e internazionale. Daniele Tarsi era fra gli indagati nella vicenda "Altopack", scoppiata nel febbraio del 2018: fu la squadra Mobile di Lucca ad eseguire una serie di arresti e perquisizioni per doping. L’indagine aveva preso le mosse a seguito del decesso, avvenuto nel maggio di quell’anno del corridore Linas Rumsas, e ha coinvolto i dirigenti della formazione per cui il giovane militava, ossia la Altopack Eppelà. In arresto finirono il presidente del team Luca Franceschi che, per gli inquirenti, procurava direttamente le sostanze dopanti; il direttore sportivo Elso Frediani e il preparatore ed ex corridore Michele Viola, accusati di aver favorito le pratiche dopanti. Narciso Franceschi e Maria Luisa Luciani, rispettivamente papà e mamma del presidente della squadra, sono responsabili per aver ospitato nel proprio domicilio la somministrazione delle sostanze. Tra i venticinque indagati a piede libero c’era anche Daniele Tarsi che all’epoca era responsabile dell’area medica dello Spezia Calcio. A luglio 2020 erano arrivate le prime pesanti condanne: il proprietario del team Luca Franceschi era stato ritenuto colpevole e inibito per 30 anni, fino al luglio 2050, per reati che vanno dalla manomissione o tentata manomissione dei controlli antidoping al traffico illegale di sostanze proibite alla somministrazione a un atleta di sostanza vietata. Condanna a 30 anni anche per Narciso Franceschi e Maria Luisa Luciani, proprietari dell’abitazione messa a disposizione per effettuare i trattamenti dopanti. Il Tribunale Nazionale Antidoping aveva anche squalificato gli atleti della squadra: quattro anni di squalifica per Matteo Alban e per i fratelli Niko e Yuri Colonna: tutti e tre sono stati ritenuti colpevoli degli addebiti loro ascritti, ossia la violazione degli articoli 2.2 (uso o tentato uso di una sostanza vietata o di un metodo proibito da parte di un atleta), in più per i due Colonna ci sono anche gli articoli 2.6 (possesso di sostanze vietate e ricorso a metodi proibiti) e 3.2 (mancata collaborazione per il rispetto delle norme sportive antidoping).