MATTEO ALFIERI
Cronaca

Sequestro ai danni del coniuge: "La procedibilità d’ufficio non è ritenuta anticostituzionale"

La Consulta: "La norma della riforma Cartabia si può attuare". La questione sollevata dal gup di Grosseto su una vicenda locale. .

La Corte Costituzionale ha stabilito che il reato di sequestro della compagna è procedibile di ufficio

La Corte Costituzionale ha stabilito che il reato di sequestro della compagna è procedibile di ufficio

GROSSETONon è manifestamente irragionevole, né viola le indicazioni della legge delega, la scelta della Riforma Cartabia di mantenere la procedibilità d’ufficio per il reato di sequestro di persona, quando sia commesso in danno del proprio coniuge. Lo ha stabilito la Corte costituzionale con la sentenza numero 9, depositata ieri, con la quale è stata ritenuta "non fondata" una questione sollevata dal Giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Grosseto, Sergio Compagnucci. Il gup doveva decidere sulla responsabilità di un uomo che aveva aggredito la propria ex moglie, dalla quale si era separato di fatto da qualche mese, e il nuovo compagno di lei. Secondo la ricostruzione del pubblico ministero, l’imputato avrebbe puntato una pistola contro di loro, costringendoli a entrare nella casa del nuovo compagno e di fatto ’sequestrandoli. Qui avrebbe chiuso la porta alle proprie spalle, minacciando entrambi di morte e colpendoli alla testa con il proprio casco.

Tanto la donna quanto il suo compagno avevano successivamente ritirato la querela presentata contro l’imputato, che aveva nel frattempo risarcito loro i danni. Tuttavia, la remissione della querela non aveva prodotto effetto di far cadere il reato di sequestro di persona commesso in danno della moglie. Il Gup di Grosseto aveva, allora, chiesto la valutazione della Corte Costituzionale. La Consulta ha sottolineato che il legislatore ha mantenuto il regime di procedibilità d’ufficio di alcune ipotesi aggravate di sequestro di persona in cui vi siano particolari esigenze di tutela della vittima nel contesto di relazioni familiari (applicando la Convenzione di Instabul), perché nell’ambito di queste relazioni esiste un concreto rischio che i soggetti più vulnerabili siano esposti a pressioni indebite, affinché non presentino querela o la rimettano.