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Un'aula di tribunale (immagine di repertorio)
Orbetello (Grosseto), 22 febbraio 2025 – Era l’agosto 2011. L’ultima sera. Il giorno dopo il campus estivo di una società sportiva del territorio, a Orbetello, finiva e il gruppo sarebbe tornato a casa. Rientrati dal pub dove tutti insieme avevano festeggiato la fine dell’esperienza, però successe qualcosa di grave. Un’atleta, una ragazzina di 14 anni, fu violentata da uno dei suoi allenatori. Per un anno la giovane non racconterà niente di quella notte che l’ha segnata profondamente. Lo farà soltanto un anno dopo, in seguito ad un attacco di panico in Inghilterra durante una vacanza studi: un crisi slatentizzante che fece riaffiorare l’esperienza vissuta un anno prima; poi ne parlerà anche con i genitori che nei giorni successivi presentarono la querela che dette avvio alle indagini. Gli accertamenti misero sotto la lente quei giorni che avrebbero dovuto essere solo di sport e divertimento in una delle località più belle della Toscana. E invece finirono nel dramma. La ragazzina raccontò l’attenzione che riceveva dall’allenatore, le sue allusioni, i racconti che faceva delle sue abitudini e delle sue prestazioni sessuali.
Quella sera, l’ultima sera, l’uomo – oggi 50enne - abusò di lei e per questo è stato condannato in via definitiva. Ma facciamo ancora un passo indietro. Per un anno, appunto, la giovane atleta non lasciò trapelare nulla, continuò a frequentare – pur in modo più discontinuo e con minore entusiasmo - la società sportiva. Ma arrivò il crollo e quel che aveva rimosso ritornò prepotentemente e violentemente alla mente. Raccontò tutto. Le parole della giovane vennero poi “cristallizzate” in un incidente probatorio disposto dal gip.
Il processo di primo grado si celebrò a Grosseto. Un processo lungo, nel quale furono sentiti molti testimoni. L’imputato ha sempre negato ogni addebito. Il pm Arianna Ciavattini, all’esito dell’istruttoria, chiese 8 anni di reclusione. Il collegio giudicante costituito dai giudici Giovanni Puliatti, Gian Marco De Vincenzi e Andrea Stramenga condannò l’allora quarantenne a 5 anni di reclusione. Il tribunale stabilì anche il risarcimento del danno: una provvisionale di 10mila euro alla vittima e 5mila euro per i genitori, rinviando in sede civile. Lo scorso anno il pronunciamento di primo grado è stato confermato dalla corte d’appello di Firenze dove la parte civile è stata rappresentata dall’avvocato Raffaella De Vico del foro di Roma che ha assistito la famiglia anche davanti gli ermellini. Giovedì sera la Cassazione ha respinto il ricorso dell’allenatore mandando definitiva la pena a suo carico.