Non è un’esagerazione sostenere che la rivoluzione rosa del pallone nazionale sia cominciata a Viareggio e in Versilia: 35 anni fa. E quel che segue non sembri un argomento pallonaro, da discussioni al bar di ieri e sui social di oggi: meglio definirlo un fatto di costume, con un aumento di autostima da parte delle ragazze che erano attratte dal mondo del calcio, non da semplici spettatrici ma come soggetti attivi.
Nel dicembre del 1990, Daniela Zalcetti di Marina di Pietrasanta, che aveva preso parte al primo corso arbitri riservato anche alla ragazze organizzato dalla sezione di Viareggio, sostenne con successo l’esame per diventare arbitro. Fu la prima in Italia, seguita a poche ore di distanza dalla viareggina Patrizia Ferrari. Il dado era tratto: anche nel resto della penisola, altre ragazze ottennero la stessa promozione ma il debutto ufficiale della prima donna arbitro fu appannaggio di una ragazza umbra. I dirigenti intuirono che quella prima volta sarebbe potuto diventare un evento mediatico in un Paese dove il pallone è pane quotidiano dall’alba al tramonto. Andò proprio così.
Daniele Zalcetti che era stata la prima promossa ‘arbitro effettivo’, dovette così accontentarsi della piazza d’onore nella classifica delle ‘partite arbitrate’. Fu comunque un altro evento, tanto da richiamare cronisti, radio, tv e fotografi sul rettangolo di gioco del vecchio "Basalari", alla Migliarina, quartier generale della Croce Verde di Viareggio. Furono proprio i ragazzini locali della categoria Esordienti e quelli del Ponte di Tavole di Forte dei Marmi a scendere in campo agli ordini della signorina Daniela Zalcetti: era venerdì 11 gennaio e quel confronto – finito a reti bianche – è entrato a pieno titolo nella storia del costume e dello sport locale, regionale e nazionale.
Prima del fischio d’inizio l’arbitra fu omaggiata di un mazzolino di fiori: poi una direzione di gara, lineare, senza sbavature e l’applauso finale da parte del pubblico. Daniela Zalcetti – raccontano le cronache di quel giorno – si presentò in campo con gli orecchini e un fermaglio tra i capelli (forse ora non sarebbe più consentito). Piccoli particolari civettuoli di un altro calcio, un altro mondo certamente più semplice e genuino che – non è da incalliti nostalgici – molti rimpiangono.