Grosseto, 28 marzo 2023 - "Labor omnia vincit". La fatica vince ogni cosa. Mai come in questo momento il motto riconferma la sua validità nella tenacia e nell’attaccamento al lavoro dei proprietari della Fattoria Mantellassi che si trova a Magliano in Toscana. I Mantellassi, provenienti dal Pistoiese, si trasferirono nella zona di Scansano e Magliano intorno al 1860 dove inizialmente esercitarono il mestiere di "potini" e "innestini". Da sempre vignaioli, nel 1960 iniziarono l’impianto dei primi quattro ettari di vigneto in località Banditaccia, fino agli attuali cento. La Fattoria Mantellassi ha contribuito in modo determinante alla costituzione della Denominazione di Origine Controllata del Morellino di Scansano avvenuta nel 1978 ed è considerata una delle più prestigiose aziende produttrici. Che per andare avanti producendo, anno dopo anno, vini sempre più ricercati, ha bisogno di manodopera straniera. "Ormai per noi è diventata un’abitudine", inizia Giuseppe Mantellassi, uno dei titolari. "Da ormai tantissimo tempo utilizziamo manodopera straniera. Che abbiamo formato in questi anni". Mantellassi spiega meglio: "Ormai sono considerati operai dell’azienda – aggiunge – sono albanesi, bravissimi".
Mantellassi ne ha in carica circa 10. E quando ha bisogno nei momenti di lavoro più impegnativo attinge ancora una volta alla manodopera straniera. "Ormai la situazione è questa – dice – di operai italiani non ce ne sono. Lavorare la vigna significa fatica, freddo, non avere altri impegni. E gli italiani preferiscono stare al computer e magari con l’aria condizionata". Gli operai di Mantellassi legano, potano, sistemano. Insomma, il prodotto finale, ovvero il vino, è molto opera loro. "Non soltanto noi utilizziamo manodopera straniera: tutte le squadre di avventizi che vengono impiegate nel territorio sono straniere. Se qualcuno riesce a trovare un italiano tra questi sono disposto a premiarlo". Per capire meglio va anche oltre: "Sono titolare di azienda insieme a mio fratello e da stamani – dice Mantellassi – sono in mezzo alla vigna. Perché lo faccio? Perché alla fine le cose vanno fatte e bisogna lavorare. C’è chi mi dice che siamo un’altra generazione. Io credo invece che è la voglia che manca in chi si approccia al mondo del lavoro agricolo".
"Certamente – continua – tutti riscuotono regolarmente con la busta paga. E quando abbiamo bisogno chiamiamo squadre di cottimisti. Siamo comunque contenti perché il lavoro è fatto bene. A parte i miei familiari, di italiani abbiamo qualche trattorista. Come dire? Con il motore si fa meno fatica...".