La Spezia, 1 marzo 2024 – Said ha preso la sua decisione già a novembre, quando ha avuto un lungo colloquio telefonico con la madre. Da pochi pochi giorni l’ha comunicata ai responsabili della struttura di cui è ospite, Matteo Conti e Chiara Bonotti della Casa sulla Roccia, e tra due settimane prenderà un treno per Roma dove inizierà a lavorare in un negozio di ortofrutta gestito da un connazionale.
Per prendere il diploma di terza media sarebbe bastato aspettare poco più di due mesi ma tutta la sua famiglia, rimasta in Marocco, gli ha fatto capire molto chiaramente che la sua priorità ora è trovare un impiego, di qualsiasi tipo, per mandare un po’ di soldi a casa. In lui, unico figlio maschio in mezzo a tante sorelle, sono riposte le speranze di ridare speranza a un futuro familiare parecchio incerto.
«Questa decisione ci lascia con l’amaro in bocca – dicono Chiara e Matteo – ma dobbiamo rispettarla. Said riusciva bene negli studi, è un peccato che abbandoni, ma non possiamo costringerlo". Per i minori non accompagnati che sono ospitati nella Casa sulla roccia la scelta tra lo studio e il primo lavoro che capita è spesso condizionata dalla situazione che hanno lasciato nella loro terra d’origine. Un anno di alfabetizzazione, un altro anno per conseguire il diploma di terza media con cui accedere ai corsi professionalizzanti spesso sono tempi troppo lunghi.
Per Giorgio, al terzo anno di un istituto superiore della provincia, invece, il motivo per cui rischia di interrompere il percorso di studi prima di arrivare al diploma è di diversa natura: è un misto di ansia e di paura, di noia e disagio. C’è quasi sempre una brioche o una sala giochi, qualcosa di più dolce o di più divertente che, ogni mattina, inesorabilmente, come una calamita lo attira lontano da quell’aula che ormai odia. La pagella del primo quadrimestre è stata un disastro e già sa, a febbraio, che perderà l’anno. I genitori hanno accolto con freddezza la notizia, e lui, da sempre appassionato di auto, ha già detto che vorrebbe al più presto andare a lavorare in un’officina, cosa che probabilmente avverrà già dalla prossima estate.
Come Said e Giorgio, ci sono tanti ragazzi che anche in questo preciso momento stanno valutando di chiudere per sempre con la scuola: a volte perché sovrastati da problemi più grandi di loro, altre volte perché prigionieri di un vortice di paura e di insicurezze dal quale non riescono ad uscire. In tutti i casi è un peccato, qualcosa che segnerà in modo indelebile il loro futuro.
Vimal Carlo Gabbiani