Accademia della Cucina a Pignone. Eccellenze e ansie dei produttori

Questo lembo di Val di Vara sta pagando un prezzo alto alla crisi climatica, che stravolge i cicli di maturazione. A impensierire gli agricoltori sono soprattutto l’anticipazione obbligata della semina e l’aborto floreale. .

Accademia della Cucina a Pignone. Eccellenze e ansie dei produttori

La presidente Agnese Barilari

Pignone, terra di eccellenze orticole - dalle patate ai fagioli, solo per citare quelle più rinomate - sta pagando un prezzo altissimo al cambiamento climatico. L’allarme è stato lanciato da Agnese Barilari, presidente dell’Associazione dei produttori di Pignone e Casale, che ha fatto il punto della situazione nel corso di un incontro promosso dalla delegazione spezzina dell’Accademia italiana della cucina svoltosi nella sala del ristorante Medinelli di Pignone. L’occasione per parlare delle eccellenze del territorio, ma anche dei timori dei produttori locali di fronte a un clima sempre più ’pazzo’, l’ha offerta il tradizionale appuntamento con la conviviale ecumenica di Aic che vede riuniti a tavola, contemporaneamente, gli accademici di tutto il mondo. Il tema prescelto per l’edizione 2024, approfondito come di consueto in un volume della Biblioteca di cultura gastronomica dato alle stampe in occasione dell’appuntamento annuale, è quello dei legumi, una delle punte di diamante della cucina nazionale. Il libro, dal titolo ’I fagioli, i ceci e gli altri legumi (piselli, fagiolini, fave, lenticchie)’, è il frutto di un vasto lavoro di studio, ed offre un ampio compendio di ricette regionali a base di legumi, in gran parte realizzato – come ha spiegato la delegata Aic Marinella Curre Caporuscio – dai Centri studi regionali dell’Accademia. La presidente dei produttori, dopo aver parlato del presidio" agricolo attivo in quel piccolo lembo di Val di Vara fin dall’inizio del secolo scorso, e del lavoro che ha portato alla nascita dei famosi Orti di Pignone (dove la ’chimica’ è bandita), non si è nascosta le difficoltà di oggi, dopo quelle causate dalla disastrosa alluvione del 2011. Colpa del clima, appunto, che ha stravolto i cicli di maturazione/raccolto, con l’anticipazione obbligata della semina a maggio e la necessità di procedere a tre semine l’anno con i relativi, pesanti oneri economici. Senza contare gli altri effetti indotti dal gran caldo, come il cosiddetto "aborto floreale". Un quadro insomma di grave difficoltà che però non ha impedito ai produttori di conseguire importanti risultati in termini di allargamento del mercato e di tutela e promozione delle tipicità locali. Un tema, quello della produzione autoctona dei legumi, di cui ha parlato anche Egidio Banti, direttore del centro ligure di studi Aic, nel contesto di un più ampio excursus sulla cucina legata alle tipicità.

Franco Antola