La Spezia, 23 novembre 2024 – Ritrovarsi in strada, nel buio più totale, scaraventati a terra da un grande albero caduto a pochi centimetri dalla propria testa. E poterlo raccontare. Lucia Tincani trema ancora oggi al pensiero di quegli istanti terribili. È successo a Campiglia la mattina di mercoledì e la protagonista è una cinquantaduenne spezzina che, per sua fortuna, è rimasta miracolosamente soltanto ferita in maniera non grave. Tutti noi, con tristezza, abbiamo ancora nella mente l‘8 dicembre 2010, quando la quarantaduenne sovrintendente della polizia stradale Maria Teresa Marcocci, mentre stava rilevando un incidente sulla strada provinciale a Bottagna, morì tragicamente, travolta da un albero. Questa volta, però, il destino ha voluto che andasse diversamente. “Qualcuno mi ha guardata lassù dal cielo”, le prime parole di Lucia, autista dell‘Atc, che abita da alcuni anni a Campiglia con il compagno.
Ci racconta cosa è successo?
“Era una mattina come un‘altra, circa le 5.30, e mi stavo recando in auto al lavoro, dove dovevo iniziare alle 6.20, quando nel tratto di strada immediatamente dopo il bivio della Castellana, uscita da un tornante, mi sono ritrovata davanti un tronco di pino a bloccare il passaggio. Istintivamente sono scesa dalla macchina e nonostante il buio pesto, mi sono avvicinata all‘albero caduto per valutare se fosse possibile spostarlo a lato della carreggiata. Un minuto dopo, un forte fragore, non sapevo cosa fare e che stesse succedendo, quando un secondo pino è crollato proprio accanto a me”.
Momenti di panico?
“La mancanza di illuminazione, perché lì non ci sono lampioni, non mi permetteva di capire da dove stesse giungendo il pericolo. Pochi secondi nei quali era impossibile comprendere quale fosse la via di salvezza. A quel punto sono stata scaraventata a terra supina, colpita da un ramo, mentre il tronco, con un diametro di una quarantina di centimetri, erano a due palmi da me”.
Come si sentiva?
“A parte alcune escoriazioni e un forte dolore muscolare, che poi è aumentato, ho realizzato di essere viva. Mi sono alzata a fatica, sono tornata indietro in auto verso casa e lì sono scoppiata a piangere. Agitata, ho chiamato i vigili del fuoco per segnalare quegli alberi in strada, ma ho dovuto subito cedere il telefono al mio compagno. Ero troppo sconvolta”.
Dopo essersi calmata, non è voluta comunque mancare al lavoro.
“No. La strada è stata liberata alle 7.10 e alle 7.40 sono entrata in servizio. Ero tesa, ma soltanto dopo le 14, a fine turno, ho cominciato a rendermi conto ancora meglio quel che avevo rischiato. Sono ormai tre notti che non dormo e i dolori sono cresciuti. Ecco perché ora mi faccio certe domande”.
Quali?
“Non è stato ‘il mio giorno‘, bene, ma sarebbe stata necessaria la morte di una persona per avere un provvedimento di messa in sicurezza di tutta l‘area circostante la strada di Campiglia? I pini, le acacie e i castagni in evidenti condizioni di stabilità precaria, sono tante e molte le persone che, quotidianamente, devono necessariamente transitare da quella strada”.
Insomma, non ha voluto parlarci solo per testimoniare la sua scampata disgrazia?
“Spero che la mia vicenda possa determinare, in chi prende le decisioni, un intervento urgente e improrogabile sul territorio e la strada che conduce a Campiglia. Ho spedito una lettera anche al sindaco Pierluigi Peracchini. Non si può percorrere quella strada con il timore, che adesso in me è divenuta angoscia, che possa essere fatale”.