REDAZIONE LA SPEZIA

Amianto sulle navi militari. Motorista morto per tumore. Condannato il ministero

La Corte d’Appello di Genova ribalta la sentenza del Tribunale della Spezia. Risarcimento a vedova e figli nonostante l’elevato tabagismo dell’uomo

Amianto killer, ancora un caso

Amianto killer, ancora un caso

La Spezia, 18 gennaio 2025 - Una battaglia legale per dimostrare che il proprio caro, motorista di lungo corso sulle navi della Marina militare italiana, non fosse morto per un tumore esclusivamente causato da elevato tabagismo, ma anche dalla prolungata esposizione all’amianto. Un contenzioso durato oltre dieci anni che ha visto il ministero della Difesa condannato a risarcire la vedova e i figli dell’uomo con oltre 80mila euro di risarcimento. Il militare aveva lavorato per decenni a bordo delle unità navali della Marina militare, in un periodo storico in cui l’amianto era largamente utilizzato.

L’uomo morì nell’ottobre del 2004 a causa di una neoplasia polmonare. Risale a dieci anni più tardi, nel 2014, l’avvio del contenzioso da parte della famiglia contro il ministero della Difesa per farsi ricoscere un risarcimento per la morte del marito e padre. Il Tribunale civile della Spezia, a seguito della consulenza tecnica d’ufficio, nel 2020 aveva rogettato integralmente le richieste della famiglia, che tuttavia, assistite dall’avvocato Enrico Conti, non si sono perse d’animo, impugnando la sentenza alla Corte d’Appello di Genova.

Che, diversamente dal tribunale cittadino, ha ravvisato nella ctu fornita dal perito una connessione tra il tumore e l’attività lavorativa. “I dati disponibili consentono di ritenere che l’esposizione ad amianto subita nel corso dell’attività lavorativa svolta presso la Marina Militare abbia con ogni probabilità causato, o concausato, il carcinoma polmonare a causa del quale il militare è deceduto – si legge nella sentenza –. Tuttavia, il concorso del fumo nella causazione dell’ evento dannoso, pur non incidendo sul piano della responsabilità del soggetto che ha posto in essere la condotta illecita, rileva sul diverso conseguente piano dell’obbligo risarcitorio che incombe su detto soggetto”. Da qui, la condanna del ministero a risarcire alla vedova 24.228 euro oltre interessi e rivalutazione, e ai figli 25.304,80 ciascuno, oltre interessi e rivalutazione, col ministero condannato a pagare anche le spese legali.

Matteo Marcello