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Andrea Cerri: "La cultura rivestirà un nuovo ruolo nella società"

Il presidente dell'associazione Gli Scarti, che gestisce Teatro Impavidi e Dialma Ruggiero, pensa al presente e al futuro del settore

Andrea Cerri

La Spezia, 24 aprile 2020 – Le Stagioni di Prosa e di Danza del Teatro Impavidi e del centro culturale Dialma Ruggiero sono curate dall'associazione Gli Scarti. Con il presidente Andrea Cerri, che ha visitato per necessità in questi ultimi giorni le due strutture, lo spunto per parlare del periodo e riflettere e immaginare il futuro del settore.

Cerri, quali sono le sue sensazioni?

“È strano rientrare in questi luoghi, però, è ciò che mi dà la voglia e la forza di continuare, pensando al ruolo che la cultura potrà rivestire da adesso nella nostra società”.

Che momento sta vivendo il teatro?

“Siamo uno dei settori più colpiti da questa crisi, anche perché in partenza eravamo già in una situazione di carenza di tutela per i lavoratori. Nonostante il comparto culturale in Italia impieghi circa 1 milione e mezzo di persone e rappresenti oltre il 5% del Pil nazionale, saremo uno degli ultimi settori a ripartire, per la natura stessa dell'attività, visto il rapporto fisico tra l'artista e lo spettatore, e di condivisione dello stesso luogo. Si dovrà mantenere il distanziamento sociale, sia dal pubblico che sul palco stesso, perfino per le prove”.

E a livello locale?

“Stiamo aspettando le direttive governative che giungeranno. Auspichiamo che anche gli enti, gli sponsor e i privati della provincia, che hanno sempre sostenuto la cultura artistica e la programmazione socio-culturale, siano consapevoli di questo particolare problema; speriamo che si trovino ulteriori modalità di intervento, nuove forme per continuare a investire in un settore che è molto importante per la vita delle nostre comunità. Fondamentale direi, visto il numero di persone che seguono i nostri progetti, ma che, in generale, si estende a tutti gli operatori che lo svolgono a livello professionale nel nostro territorio”.

Avete già ricevuto delle risposte?

“Per ora, solamente attraverso le nostre associazioni di categoria, che si interfacciano col Governo e, ovviamente, con il Ministero. Ma chiediamo attenzione, perché il nostro territorio punta molto su turismo, cultura e sulla socialità, a livello economico. Il fatto che non vi siano più spettacoli, concerti, eventi, avrà ripercussioni sul sistema del commercio, delle strutture deputate e perfino delle attività dei centri storici. È un tema che, oltre al lato artistico e del valore in sé, del valore civico della cultura, reca un risvolto prettamente finanziario. Spesso, inoltre, ci si dimentica come la cultura dia lavoro a molti uomini e donne”.

A proposito, cosa sta accadendo nella vostra associazione?

“In organico vi sono 13 dipendenti e 20 collaboratori. Per i primi abbiamo attivato il fondo di integrazione come previsto dal decreto Cura Italia; per i secondi, chi aveva diritto ha percepito i 600 euro dall'Inps, mentre per i restanti abbiamo formalmente chiesto di estendere i parametri. Queste persone non coperte dagli ammortizzatori sociali, intanto, sono stati sostenuti da noi, in minima parte, per quanto possibile rispetto ai conti dell'associazione. Attori, registi, tecnici, macchinisti, scenografi, fonici, danzatori, organizzatori, promoter, amministrativi, addetti stampa, formatori e educatori. Sono tante le figure professionali. E molti di loro hanno famiglie a carico”.

E per il futuro?

“Stiamo cercando di pensare a nuove forme di spettacolo. Ad esempio è in fase di progettazione un'edizione del festival 'Fisiko' all'ex Vaccari, immersa in una sorta di museo performativo. Si potrà entrare in maniera scaglionata, a gruppi, e seguire le tappe di una rappresentazione itinerante in esterno, site specific, per rispettare tutte le prescrizioni di distanziamento”.

Esiste un rischio nel post emergenza?

“Certo, il ragionare come prima. La sfida è pensare qualcosa di innovativo, ma dal nostro punto di vista, non può essere la piattaforma on line o gli spettacoli in streaming. Il teatro è un'altra cosa, è condivisione tra attore e spettatore, in uno stesso luogo, nello stesso tempo, uno spazio fuori dall'ordinario. La nostra concezione, poi, è che il teatro non finisca con lo spettacolo, ma vada avanti con diverse forme, dunque ok pure alla condivisione oltre alla performance”.

Il primo desiderio del post Coronavirus?

“Siamo sicuri che le circostanze drammatiche che viviamo – conclude Cerri - , pur consapevoli che lasceranno ferite profonde nelle nostre vite e nelle nostre coscienze, prima o dopo si trasformeranno in una situazione fresca, sana e fiorente. Non ci faremo trovare impreparati e sapremo organizzare 'la grande festa del ritorno alla vita'”.

Marco Magi