Anonimo suggeritore a luci rosse. Dall’antropologo senza volto lo spunto per ’Cronache del Diana’

Mecconi e Isoppo curatori del libro che ricostruisce l’epopea del cinema che proiettava pellicole hard

Anonimo suggeritore a luci rosse. Dall’antropologo  senza volto lo spunto per ’Cronache del Diana’

L’ex cinema Diana, sulle cui ceneri è nata l’esperienza del Sunspace

Tutto è iniziato con una mail per Vanessa Isoppo, psicologa e psicoterapeuta: tramite la sua casa editrice, ha ricevuto uno scritto da parte di un anonimo che l’aveva vista in televisione. Parlava di un argomento all’ordine del giorno: il porno. Non solo in senso ampio, ma contestualizzandolo in quello che per gli spezzini ne è stato il tempio: il cinema Diana, che oggi vive una nuova vita, trasformato nella sala eventi e conferenze Sun Space. "Era novembre dello scorso anno – spiega lei –: nonostante l’argomento si prestasse a letture pruriginose o anche al pietismo e a falsi sentimentalismi, era trattato con delicatezza e scritto con una bella prosa. Lo aveva inviato anche allo scrittore Beppe Mecconi, che poi ne sarebbe diventato curatore insieme a me: mi chiedeva di allungarlo, ma non so scrivere su commissione, quindi gli ho consigliato di integrarlo, essendo troppo breve per un libro e troppo lungo per un racconto".

Il mistero continua: dell’autore celato i due non hanno potuto sentire neanche la voce, raccontano, ma hanno interagito con lui con una mail in cui scriveva sotto falso nome. E non a caso, non percepirà il diritto d’autore e il ricavato di quello che è oggi è diventato un libro: il ricavato sarà, infatti, devoluto a Emergency. Si chiama ’Cronache del ‘Diana’ – Un antropologo in un cinema a luci rosse’ (Oltre edizioni) e narra un fenomeno e un’industria ancora oggi diffusissimi, seppur con modalità completamente diverse, e l’epopea di un microcosmo fra il 1995 e il 2010. L’esperienza personale e l’analisi di ciò che rendeva il film a luci rosse quasi un rito e una sicura fonte di aggregazione e di socialità, ma anche l’esperienza personale, il proibito, le peculiarità del porno alla Spezia e la trasversalità che renderebbero l’opera sovrapponibile a tante altre città di provincia. "Si capisce che è uno spezzino – spiega Mecconi – e probabilmente vive in qualche quartiere intorno alla città. Spiega con minuziosità e delicatezza, senza mai indugiare nella volgarità, quello che accadeva lì, ma anche ai giardinetti, racconta delle coppie aperte, dei personaggi – immagino usando pseudonimi –, dei gestori che frequentavano la sala con una bella penna. Era il periodo in cui non c’era il porno accessibile dal computer: se ne volevi fruire, dovevi recarti lì. Questo libro può abbracciare tutta Italia". Un piccolo grande mondo, insomma. Ma anche – ed è facile allargare la prospettiva, sia per l’approccio sobrio e gli approfondimenti storico-sociali, sia per l’argomento di attualità, un modo per parlare del porno.

"Oggi – commenta Isoppo – manca l’educazione all’affettività e alla sessualità. All’epoca andare al cinema a luci rosse era anche una ricerca di calore, oggi invece basta un attimo e da madre di due adolescenti che possono accedervi con un click non nascondo la mia preoccupazione: la pornografia, come tutte le cose, non è da condannare oggettivamente, perché può avere anche effetti benefici come riaccendere la fantasia di una coppia, ma il problema è chi ne fruisce. L’adulto consenziente è diverso dal ragazzino, che non solo si fa un’idea sbagliata del sesso, ma assiste alla riduzione della donna ad oggetto, una prospettiva che fa dei danni enormi". Se tutto, o quasi, è messo nero su bianco, resta il punto interrogativo su chi sia questo ’antropologo dilettante’. "Chissà – concludono Isoppo e Mecconi – che non si riesca prima o poi a vederci".