"D’Angelo uno di noi, entrato di diritto nei nostri cuori". Tutti in piedi per l’Omone, il tecnico che ha riportato il calcio a Spezia dopo due anni di tribolazioni inaudite, l’uomo che ha riconciliato gli spezzini con la loro squadra del cuore, trasmettendo ai protagonisti con la casacca bianca i valori imprescindibili della passione, del cuore e della combattività a oltranza. Un antidivo per eccellenza, dal carattere schivo e riservato, un po’ come gli spezzini, molto ironico e dalla bontà d’animo facilmente intuibile, testimoniata da ogni giocatore che lui ha allenato. Disse Diego Falcinelli a La Nazione: "Io metto il nostro allenatore tra i primi tre della Serie B, in qualunque piazza abbia lavorato ha sempre fatto bene. Al di là dell’aspetto tecnico, è una persona buona e quando un allenatore si fa voler bene è già a metà dell’opera".
Dall’alto della sua possenza fisica, coniugata al suo vocione baritonale, D’Angelo ha conquistato tutti con la sua semplicità, in una città come Spezia da pane e salame più che da ostriche e champagne, con quella sua maglietta portafortuna a maniche corte (la scorsa stagione era un maglione) che trasmette un senso di cultura operaia ben radicata nel nostro territorio. Affermava D’Angelo al nostro giornale: "Gli spezzini mi sono entrati nel cuore, sono persone molto schiette e dirette, questo è un valore molto importante che mi piace moltissimo. La gente spezzina è legata moltissimo alla propria città e alla propria identità. Gli spezzini sono felici di essere spezzini, hanno uno spiccato senso di appartenenza, un tratto molto bello di una comunità". Ovviamente D’Angelo è entrato di diritto nella top ten dei tecnici più amati nella lunga storia bianca anche per i grandi risultati ottenuti sul campo, a partire da una salvezza miracolosa passando per il terzo posto in classifica nell’attuale campionato. Trattasi di un allenatore esperto, perfetto conoscitore della categoria, di valore assoluto nella preparazione tattica alle partite, con una duttilità nell’applicazione dei sistemi di gioco esemplare, anche tenendo conto degli avversari. Due i modelli tattici adottati nell’attuale campionato: il collaudato 3-5-2 e il 3-4-1-2. "Non sono un allenatore conservatore ma progressista, anche nella vita...", affermava il tecnico, a ribadire la votazione della sua squadra alla ricerca perenne della vittoria. Successi non arrivati per casualità, ma perché frutto di un’organizzazione di gioco perfetta, da calcio totale, dove gli attaccanti fanno i difensori e viceversa.
È lo Spezia di D’Angelo: concreto, verticale, senza fronzoli, di corsa e di tecnica, tenace, determinato, cinico, volitivo, mai domo. Con la specialità di casa dei calci piazzati, frutto di un lavoro certosino e sistematico in quel di Follo. La perla di D’Angelo è, poi, la gestione del gruppo, una virtù unanimemente riconosciutagli, che è poi il pedigree degli allenatori vincenti. Italiano creò un gruppo fortissimo che approdò in Serie A e si salvò, idem fece Motta che stipulò un patto di acciaio con una quindicina di aquilotti conquistando un’altra salvezza epica. D’Angelo ha fatto altrettanto coniando un ambiente idilliaco dove vige il principio ’Tutti per uno, uno per tutti’. Un concetto ben ribadito da Nagy: "Dove non arriva uno, deve arrivare l’altro". Se tra i giocatori regna l’armonia il merito è anche e soprattutto del condottiero, che con poche regole, chiare ma precise, e un atteggiamento paternalistico, è riuscito a coniare il sistema-Spezia.