Tenta di spendere denaro contraffatto, militare messo alla porta dalla Marina. Protagonista della vicenda, un sottocapo di stanza alla Spezia, che nei giorni scorsi si è visto respingere il ricorso presentato al Tar contro il provvedimento con cui il ministero della Difesa, al termine del procedimento disciplinare, aveva disposto nei suoi confronti il provvedimento di cessazione dalla rafferma e la conseguente cessazione dal servizio permanente, una delle sanzioni disciplinari di stato più severe previste dal Codice dell’ordinamento militare. L’episodio affonda le sue radici nel luglio dello scorso anno: nel corso di un controllo della Finanza – chiamata dal titolare di un locale dove era stato tentato lo spaccio di una banconota falsa – il militare venne trovato in possesso di 10 euro falsi. Incalzato dai finanzieri, l’uomo avrebbe indicato un luogo in prossimità del proprio alloggio di servizio nel quale sono state ritrovate altre banconote contraffatte: quattro pezzi da dieci euro e altrettanti da venti euro, nascosti in un calzino.
Immediato il procedimento disciplinare interno, concluso ancor prima della chiusura dell’indagine penale con il duro provvedimento. "Il comportamento tenuto costituisce gravissima violazione dei doveri propri dello stato di militare e di quelli attinenti al giuramento prestato, al senso di responsabilità e al contegno che un militare deve tenere in ogni circostanza, tanto da risultare del tutto incompatibile con l’ulteriore permanenza in rafferma" si legge nelle motivazioni del decreto dirigenziale della Direzione generale per il personale militare del ministero della Difesa, assunto all’inizio dello scorso febbraio. Da qui il ricorso al Tar del militare: la tesi era che il ministero avrebbe dovuto sospendere il procedimento disciplinare in attesa degli esiti di quello penale e che le contestazioni mosse fossero punibili con la sanzione di corpo della consegna di rigore. Di diverso avviso i giudici, secondo i quali "la norma afferma il principio della indipendenza tra procedimento penale e procedimento disciplinare. Gli elementi acquisiti sono univoci e consentono una ricostruzione puntuale dell’accaduto. Le altre contestazioni mosse al militare sono tali da giustificare pienamente la sanzione espulsiva. La delicatezza dei compiti delle Forze armate, la necessità che le stesse godano del necessario prestigio e che gli appartenenti siano persone di assoluta affidabilità – si legge nella sentenza – rende non illogica o irragionevole la scelta discrezionale dell’amministrazione di adottare la sanzione espulsiva".
Matteo Marcello