MATTEO MARCELLO
Cronaca

Il mistero della barca scomparsa nell’Oceano: via a nuovi accertamenti, investigatori a lavoro

Il caso delle due persone sparite insieme all’imbarcazione nel 2018. Il gip di Roma respinge l’archiviazione proposta dalla Procura. “Forniti elementi che mettono in dubbio la sussistenza del naufragio”

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Antonio Voinea e Aldo Revello scomparsi nell’Atlantico nel maggio del 2018

La Spezia, 24 settembre 2024 – Sul naufragio del Bright si indagherà ancora. Su quanto accaduto allo skipper Aldo Revello, residente a Castelnuovo Magra, e al marinaio Antonio Voinea, originario di Padova ma all’epoca residente nello Spezzino, il gip del tribunale di Roma Daniela Caramico D’Auria ha respinto la richiesta di archiviazione presentata dal pm Silvia Sereni, che da sei anni indaga sul quando accaduto il 2 maggio 2018 al largo delle isole Azzorre.

Il giudice per le indagini preliminari, sulla base dei nuovi elementi messi nero su bianco dall’avvocato Aldo Niccolini – legale dei famigliari di Aldo Voinea – nell’opposizione all’archiviazione, ha invitato il pm ad allargare il perimetro delle verifiche, verificando “alcuni elementi probatori che mettono in dubbio la sussistenza del naufragio”.

Elementi raccolti dall’avvocato spezzino grazie al lavoro sul campo di un’agenzia di investigazioni private spezzina, Reveles, che ha scovato circostanze e dettagli meritevoli di approfondimento. A sei anni e mezzo da quel giorno di maggio che ha cambiato le vite di due famiglie, l’indagine contro ignoti per omicidio colposo, naufragio colposo e omissione di soccorso vive ora un nuovo capitolo, con l’obiettivo di individuare la verità oggettiva di quanto accaduto.

Una fattura relativa al contratto di noleggio di un’autovettura all’aeroporto di Lisbona, intestata ad Antonio Voinea e datata agosto 2020, ovvero oltre due anni dopo la scomparsa. Due connessioni ai profili social di Revello e Voinea, avvenute sempre in un periodo successivo al naufragio.

E poi, ancora, le chiamate senza risposta (via messenger) alla nonna di Voinea nei giorni successivi all’episodio, e un tablet che sarebbe stato recapitato ai familiari di Voinea, sul quale potrebbero essere conservate informazioni utili alla ricostruzione degli eventi.

Ce n’è abbastanza, per rendere ancora più fitto il mistero del Bright, l’imbarcazione sulla quale viaggiavano Aldo Revello e Antonio Voinea, skipper di 52 anni e marinaio di 31 anni, scomparsi dal 2 maggio 2018 quando la barca sulla quale veleggiavano si trovava nell’Oceano Atlantico, al largo delle Azzorre, a 342 miglia ad est di Ponta Delgada, sulla rotta di rientro alla Spezia.

E ce n’è abbastanza anche per il gip del Tribunale di Roma, Daniela Caramico D’Auria, che ha respinto la richiesta di archiviazione rilanciando le indagini sulla base delle prospettazioni presentate dall’avvocato dei famigliari di Voinea, Aldo Niccolini, sulla base delle risultanze raccolte dall’agenzia spezzina specializzata in investigazioni, la Reveles.

La notizia, pubblicata sulla rivista di settore Nautica, è destinata a rilanciare quella ricerca della verità che da sempre chiede la famiglia Voinea. Verità che, dopo anni passati a indagare su un’unica ipotesi, ovvero quella di uno speronamento del Bright da parte di un cargo battente bandiera di Hong Kong, la Cmb Catrine – sostenuta da un marittimo che aveva contattato la famiglia Revello, ma per la quale le autorità italiane chiamate a indagare non hanno trovato riscontri tali da trasformarla in certezza – ora potrebbe arrivare da nuovi elementi, che saranno presto al vaglio della Procura di Roma e che potrebbero indicare una strada diversa dal naufragio.

A sostenerlo è lo stesso giudice per le indagini preliminari, che nell’ordinanza che tiene vive le indagini per altri sei mesi, mette nero su bianco che «parte opponente ha fornito alcuni elementi probatori che mettono in dubbio la sussistenza del naufragio, suscettibili di approfondimento investigativo». Tanti gli spunti raccolti dall’agenzia Reveles.

Su tutte, quella fattura a nome di Antonio Voinea, relativa al noleggio di una Renault Clio avvenuto all’aeroporto di Lisbona per il periodo compreso tra il 18 agosto e il 1° settembre del 2020.

E poi, quei collegamenti sui profili social in date successive alla scomparsa (il 15 luglio 2021 sul profilo di Voinea, il 19 ottobre 2018 per Revello; ndr). E poi, quel tablet che sarebbe stato spedito dalle Canarie, dall’ex convivente di Voinea ai familiari, e che questi ultimi – come sostenuto dal legale spezzino – avrebbero cionservato senza mai visualizzare i file contenuti all’interno. Circostanze, queste, sulle quali il gip del tri bunale capitolino ha chiesto alla procura di approfondire, andando ad ascoltare non solo la responsabile dell’agenzia spezzina di investigazioni che avrebbe svolto accertamenti per conto della famiglia Voinea, nonchè la mamma e la sorella di Voinea, e il security manager della società di autonoleggio presso la quale era stata effettuata la transazione a nome di Voinea.

Non solo. Nell’ordinanza, il giudice Caramico D’Auria esprime la necessità di approfondire «il motivo del viaggio», andando ad ascoltare un uomo, terzo membro dell’equipaggio del Bright sbarcato alle Azzorre «che potrà riferire circa lo stato dell’imbarcazione e ogni altra informazione utile sui due dispersi, con i quali aveva viaggiato fino al 24 aprile 2018» si legge nell’ordinanza.

Insomma, approfondimenti che mirano a fare chiarezza su una vicenda dove l’ipotesi nel naufragio non è più l’unica in campo. Di certo, i famigliari di Voinea attendoo con trepidazione lumi dagli sviluppi dell’inchiesta: per loro, un dramma che dura da quel 2 maggio del 2018, da quando cioè il sistema di localizzazione di emergenza installato bordo del Bright alle si è attivato, alle 13.49, al largo delle Azzorre, prima che del beneteau Oceanis 473 Clipper di 14,30 metri facesse perdere ogni traccia dopo quell’unico segnale di sos. le ricerche dei possibili naufraghi si erano protratte per sette giorni, e avevano coinvolto anche Nave Alpino, della Marina militare italiana. Tutti gli sforzi erano stati vani: della barca nessuna traccia, così come nessun indizio concreto era stato raccolto per suffragare sull’ipotesi che per anni ha mosso gli investigatori della procura laziale, quella dello speronamento.